All’interno della Riserva, poco distanti dal ponte di Capodarso, erano attive un tempo la miniera Trabonella e le miniere Capodarso – Giumentaro e Giumentarello.
Le miniere di maggiore dimensione, spesso parecchio distanti dai centri abitati, divenivano simili dei villaggi attrezzati co tutte le strutture necessarie. Qui la cappella della miniera Trabonella.
La prima ad essere coltivata fu la miniera Capodarso – Giumentaro, dove i lavori ebbero inizio nella prima metà del diciottesimo secolo.
Di quel periodo si conosce il proprietario della miniera, che era la famiglia Crescimanno.
L’aspetto generale di una miniera di allora era molto differente da quello più recente, infatti le strutture di superficie erano pressoché inesistenti, ed il lavoro si svolgerà in genere a profondità alquanto ridotta.
Si può ritenere che vi fossero delle calcarelle, ovvero le fornaci utilizzate per separare lo zolfo dalla ganga e, forse, qualche fabbricato per i sorveglianti, similmente a quanto si è potuto riscontrare riguardo alla consistenza iniziale della miniera Trabonella, per la quale le ricerche storiche sono più avanzate.
Di quest’ultima miniera si conosce la data in cui venne stipulato il primo contratto d’affitto,che risale al 1825, quando i proprietari dell’ex- feudo omonimo, la famiglia Morillo, locarono parte di quel fondo al fine di ricercarvi lo zolfo.
In quel sito esistevano già delle cave, o pirrere, di gesso, assai diffuso nella zona e da tempo largamente utilizzato nelle costruzioni.
Con certezza però nelle due miniere i lavori di estrazione dovettero inizialmente intraprendersi nella zona dei cosiddetti affioramenti, dove cioè lo strato del minerale di zolfo intercetta la superficie e risulta visibile a giorno.
Questi si estendevano in particolare lungo una fascia che nella miniera Trabonella parte dalla vecchia palazzina della direzione, e prosegue poi verso Nord- Ovest intersecando il pendio sino a restringersi e scomparire mentre, per quanto riguarda la miniera Capodarso- Giumentaro, gli affioramenti del minerale si presentavano a poca distanza dal Fiume, continuando a tratti in direzione Nord- Est sino quasi alla miniera Giumentarello.
Dagli affioramenti, l’estrazione proseguiva poi più in profondità attraverso le discenderie, cunicoli con i quali si seguiva a vista il minerale utile, e nelle quali lavoravano i picconieri, addetti allo scavo, ed i carusi, tra i quali anche moltissimi minori, utilizzati per trasportare in superficie il minerale scavato.
L’affitto fu una caratteristica peculiare della conduzione delle miniere di zolfo siciliane.
I proprietari dei fondi in cui erano situati i giacimenti generalmente non esercitavano direttamente l’attività estrattiva, affidando la gestione a terzi, che potevano essere impresari locali, o anche ditte di maggior prestigio e dimensione, come avvenne per la miniera Trabonella.
Similmente a quanto accadeva nel campo agricolo, la miniera veniva data in appalto dietro il corrispettivo di un canone annuo prestabilito, detto gabella, da cui il termine di gabelloti con cui sovente si indicavano gli esercenti.
La gabella era solitamente costituita da una percentuale dello zolfo prodotto, detta estaglio, ma in alcuni casi poteva anche essere una somma pattuita di denaro, com’è stato riscontrato nel caso dei primi contratti della miniera Trabonella.
Nel 1832 venne concesso il permesso di aperiatur per la miniera Giumentarello, sita in prossimità della miniera Capodarso- Giumentaro, ma più a monte di questa, di proprietà della famiglia Alaya.
Con tale permesso, dietro il corrispettivo dell’omonima tassa, il Governo di allora concedeva ai proprietari del fondo, la possibilità di sfruttare la miniera.
Con la miniera Giumentarello il quadro delle miniere in attività nella zona della Riserva nella prima metà del 1800 si completa. Resteranno in esercizio per molto più di un secolo.
Con la grande espansione del mercato dello zolfo sul finire del 1800,sia la miniera Capodarso- Giumentaro che, in misura ancor maggiore, la miniera Trabonella, incrementarono notevolmente la produzione e di conseguenza il numero degli operai impiegati. Così divennero ben presto qualcosa di simile a dei viaggi, isolati nella Valle, del tutto autosufficienti per le necessità quotidiane che il lavoro presentava.
Restano ancora nel sito della miniera Trabonella i ruderi degli edifici di quel periodo, caratterizzati dalla estrema semplicità della costruzione, alcuni dei quali, come la palazzina della vecchia direzione, si presentano tutt’oggi in discreto stato di conservazione poiché vennero utilizzati anche in tempi recenti.
Il recupero del fabbricato storico rientra attualmente negli interessi dell’ente gestore della Riserva,Italia Nostra.
Lo studio dei documenti dell’epoca, ha permesso inoltre di individuare per questa miniera una serie di edifici, quali quelli destinati alla preparazione del vitto per gli operai, alla custodia delle derrate, al ricovero degli animali da lavoro ed alla manutenzione degli impianti, che insieme alle strutture specifiche dell’estrazione, forniscono un quadro esauriente della complessità organizzativa di una tra le maggiori miniere di Sicilia. Rimangono cospicue testimonianze anche delle strutture ottocentesche della miniera Capodarso- Giumentaro, ubicata a fianco del crinale roccioso sede degli affioramenti dove sono, infatti, riconoscibili i calcaroni e le batterie di forni Gill, utilizzati in passato per arricchire il minerale, in sostituzione delle piccole calcarelle.
Vanno menzionati, inoltre, alcuni fabbricati della miniera Giumentarello, che presentano la particolarità di essere stati costruiti facendo uso di conci di gesso, diversamente da quanto accadde per la maggior parte degli altri edifici dove fu impiegata la calcarenite, pietra da taglio diffusissima nella zona.
Negli stessi anni, in virtù dell’espansione del commercio dello zolfo, per servire le miniere del bacino zolfifero di Caltanissetta, tra cui quelle qui esaminate, venne costruita un’apposita stazione ferroviaria, denominata Imera, situata lungo il Fiume poco distante dalle miniere Trabonella e Capodarso- Giumentaro.
Dalla stazione Imera lo zolfo veniva inviato ai porti di imbarco, soprattutto a Porto Empedocle e Licata, dove per la miniera Trabonella esisteva un apposito capannone.
Si è detto in precedenza come l’estrazione, esauriti gli affioramenti, procedesse inizialmente attraverso le calature e discenderie.
Nella miniera Trabonella venne aggiunta a queste una galleria a piano inclinato, che serviva principalmente al carrello del minerale; essa fu realizzata durante ‘esercizio della ditta Ing. Luigi Scalia & C. di Palermo; anche nella miniera Giumentarello ne venne costruita una che migliorò notevolmente l’efficacia del lavoro di trasporto del minerale dai cantieri alla superficie.
Presso la miniera Giumentaro invece, per la differente conformazione del terreno, il sottosuolo era raggiunto da gallerie orizzontali in cui imbocchi si trovavano a quote poco maggiori del livello del Fiume.
Il passo successivo nel potenziamento delle strutture di estrazione era solitamente l’impianto del pozzo di estrazione verticale, ove la conformazione geologica del sottosuolo lo rendesse utile, e sia la miniera Trabonella che la Capodarso- Giumentaro furono dotate di tali strutture sul finire del diciannovesimo secolo.
Resta famoso il pozzo Luzzatti della miniera Trabonella, oggi non più esistente, costruito durante l’esercizio Luzzatti- Moscatelli- Della Torre, imprenditori provenienti dal settentrione d’Italia.
Durante questa gestione si verificò alla miniera Trabonella un grave incidente, ricordato come Grande Disastro, che provocò la morte di diverse decine di operai quando, il pomeriggio del 20 settembre 1911, una serie di esplosioni dovute al grisou (una miscela di gas naurali, principalmente metano, altamente esplosiva se mescolata con aria) investì il sotterraneo della miniera.
Avvenimenti di simili proporzioni costituivano un fatto eccezionale, ma gli incidenti, anche funesti, erano assai frequenti nelle miniere di zolfo, a causa soprattutto delle scarse condizioni di sicurezza con cui si gestivano i lavori.
Con il Regio Decreto n.1443 del 1927, veniva modificato lo status giuridico delle miniere, la cui proprietà veniva trasferita dai privati allo Stato, che ne avrebbe affidato lo sfruttamento alle imprese con idonei requisiti tecnici e finanziari, attraverso il sistema delle Concessioni.
Tra le due guerre furono costruiti buona parte dei nuovi impianti della miniera Trabonella, situati a monte della miniera ottocentesca, e raccolti intorno al pozzo D’Oro, realizzato nel 1916.
Nella miniera Giumentaro le nuove strutture si concentrarono in un piano, situato a valle del precedenti impianti, dove gi esistevano gallerie e discenderie, e dove era situato il pozzo verticale d’estrazione.
Nei siti delle due miniere, l’insieme di questi impianti è tuttora visibile, nonostante ll’abbandono cui sono andati incontro con la cessazione delle attività.
Intorno al 1950 nelle miniere Giumentaro, Giumentarello, e Trabonella, lavoravano circa un migliaio di operai, di cui 583 solo nell’ultima. La produzione annua di zolfo ammontava in totale a 21.804 tonnellate, delle quali 13.007 provenienti dalla miniera Trabonella, 7470 dalla Giumentaro, e 1327 dalla Giumentarello, cifre consistenti in assoluto ma anche indicative della flessione rispetto al passato.
In quel periodo la miniera Trabonella, insieme a poche altre in Sicilia, fu dotata di un impianto per la flottazione dello zolfo, che utilizzava anche il minerale delle miniere vicine.
Intorno al 1966-1967, la gestione del settore, e quindi delle miniere stesse, passò alla Regione, attraverso L’Ente Minerario Siciliano.
Nel 1975 l’Ente Minerario Siciliano decise di sospendere la produzione della miniera Trabonella e, per ovvi motivi di sicurezza, gli imbocchi esterni della miniera furono dotati di idonea chiusura mineraria; la stessa Unità mineraria, tuttavia, continuò a lavorare ancora per qualche anno con l’impianto di flottazione.
I sotterranei delle miniere Giumentaro e Giumentarello vennero abbandonati definitivamente nel dicembre del 1986 e chiusi poco dopo, sino a quando nel 1988 la Regione dismise il settore zolfifero.
di Michele Lombardo
Fabio Orlando Editore
Un tratto dell’interno della galleria San Michele, nella Miniera Giumentaro.
Impianti di stoccaggio e trasporto dello zolfo presso la Miniera Trabonella.