Museo contadino

Il Museo Contadino del Casale di Emma è costituito da un piccola sala dedicata alla storia rurale dell’entroterra siciliano. Attrezzi da lavoro, fotografie, documenti storici che testimoniano come si viveva al centro della Sicilia all’inizio del secolo scorso.

Cenno sulle condizioni economiche e sociali del paese

Estratto dal libro “Resuttano (Rahalsuptanum) – 1921” di Antonino Manasia, sindaco di Resuttano dal 1920 al 1925.

Raccolta di attrezzi utilizzati dai contadini siciliani nel XIX e XX secolo

Alcuni attrezzi da lavoro utilizzati nei campi della Sicilia centrale nella prima metà del secolo scorso

Intorno all’abitato si estendono le terre dell’ex feudo in cui il Comune sorse, e che oggi son tutte censite, cioè date in enfiteusi con canone in denaro.

Il territorio è complessivamente esteso ettari 3825, nove decimi a seminerio e per il resto beficato. Attorno poi al territorio si stendono immensi latifondi, gli ex feudi baronali in cui i contadini son usi andare a lavorare.

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I nove decimi delle terre censite e tutti i latifondi sono a coltura estensiva e più specialmente a cerealicoltura. Un tempo era estesa la vigna che poi fu distrutta dalla fillossera e che oggi va molto lentamente ricostituendosi su ceppo americano. Da qualche tempo a questa parte si va estendendo la coltura del mandorlo. Poco coltivato l’ulivo, pochissimo tutte le altre  piante.

Resuttano così esporta solamente frumento, fave e mandorle, mentre importa tutti quanti gli altri generi di consumo e le materie prime.

Possiamo sicuramente affermare che il valore  delle importazioni supera di gran lunga quello delle esportazioni, e da questo squilibrio nasce il continuo immiserimento del paese con la conseguente emigrazione a torme di contadini, che con i loro risparmi mandati dalle Americhe colmano il deficit, diciamolo così, del paese.

I metodi di cultura sono ancora quelli del medio-evo. Da la costituzione economica del paese può di leggieri intuirsene quella sociale.

Contadini siciliani sui campi di lavoro

Contadini siciliani al lavoro nei primi anni del secolo scorso

Il paese è composto per quattro quinti di contadini e per un quinto di artigiani e civili, intendendo per civili la classe che con tale titolo suole comunemente designarsi.

I contadini si suddividono in due categorie: borgesi e giornatai. Questi ultimi sono in numero limitatissimo, vivono lavorando alla giornata, e sono i veri paria della terra.

Il loro capitale è una zappa e le braccia per lavorare.

Sono quasi tutti analfabeti, anzi, più che analfabeti, imbestialiti dalla fame e dalla miseria, in  cui vivevano e tuttora vivono, sebbene sia stata loro  aumentata la mercede giornaliera.

Infatti, dato il sistema di coltura estensiva e più propriamente la cerealicoltura prevalente, ne nasce che in determinati e brevi periodi dell’anno vi è grande abbondanza di lavori agricoli, mentre in altri periodi vi è assoluta deficienza.

Avviene allora che nei periodi di abbondanti ed intensi lavori la mano d’opera è grandemente richiesta e rincara fino ad oltrepassare il limite di convenienza consentito dalle arretrate condizioni della industria agraria, mentre nei periodi di deficenza i giornatai stanno in una disoccupazione forzata.

E così mentre il giornataio non  lavora più di 150 giorni all’anno e la mercede dei giorni di lavoro non è sufficiente per coprire il consumo dei tempi di disoccupazione, d’altro canto il borgese e il piccolo e medio proprietario che gli dàn lavoro non arrivano spesso a raccogliere  dalle terre prodotto che basti a rimunerarli.

Il giornataio così emigra, il borgese lo segue, il medio proletario va quasi a scomparire schiacciato dalla concorrenza del latifondo da un lato e dall’ascesa del proletario dall’altro lato.

Una pausa durante il lavoro nei campi siciliani

Una pausa durante il lavoro nei campi siciliani

La seconda categoria dei contadini è formata dai borgesi. Essi hanno tutti un piccolo capitale costituito dalle scorte (attrezzi di lavoro, uno o due muli, raramente una pariglia di buoi) e per lo più anche una casetta nel centro urbano (non esistono case coloniche od abitazioni in campagna) e qualche chiusa o poderetto che da una estensione  assolutamente minima alle due o tre ettare.

Il borgese vive lavorando le sue chiuse, quando  ne ha, e per lo più assumendo dai medi proprietari o dai latifondisti le tenute a mezzadria e raramente in gabella.

Il borgese forma la classe più numerosa e migliore dei contadini, è il nerbo della popolazione, è il protoplasma, diciamolo così, di una futura  classe di lavoratori dei campi più evoluta ed intelligente; è l’elemento su cui dovrebbero rivolgersi gli sforzi del governo e di tutti i buoni per fare rifiorire l’agricoltura e l’economia paesana e nazionale.

Attualmente i borgesi sono nella loro grande maggioranza analfabeti, ben pochi fra essi arrivano ad acquistare la coscienza della propria condizione economica e sociale, e quindi rendersi conto dei propri bisogni e dei propri doveri, ma è a sperare  che mercè il divulgarsi dell’istruzione elementare,  e più ancora di quella agraria, arrivino a conquistare il posto basilare che loro spetta nella economia e nella compagine sociale ed a cui essi con costante sforzo agognano, cioè di diventare piccoli proprietari lavoratori.

Il disagio in cui vivono i contadini si ripercuote anche sugli operai e sui civili. Gli operai si suddividono in due categorie:

  1. Artigiani (muratori, falegnami, fabbri, pastai, calzolai) cioè coloro che producono i generi della loro arte e mestiere, acquistando le materie  prime per la lavorazione.
  2. Salariati, che sono gli operai giornalieri ausiliari che i primi chiamano in aiuto.

I civili invece formano la classe dirigente che è composta da tutto quel misto che il popolo suol chiamare col nome cappedda e cioè: professionisti, burocratici, botteghai, usurai, medi e grandi proprietari, capitalisti ecc.

Costoro che dovrebbero rappresentare la parte più evoluta, intelligente e dirigente della società, non trovando e non sapendo aprirsi un varco alla propria attività nelle vie maestre dell’agricoltura, dell’industria e del commercio, si riversano sulla cosa pubblica, e disperdono quasi tutte le proprie  energie combattendo accanitamente le lotte di partito, da cui per lo più fanno dipendere o a cui connettono i loro interessi economici, personali o di famiglia più disparati e contradditori.

Avviene così che alle condizioni preadamitiche  dell’ambiente economico e alla costituzione presso che medioevale dell’ambiente sociale, fanno riscontro le forme barbare della vita politico-amministrativa.

I vari partiti perciò sono sempre stati una coalizione di interessi individuali e di famiglia più o meno lecito, più o meno espressi o sottintesi, che in un dato momento o in un dato capo trovano l’indice e la somma e che poi si verniciano con colore più o meno seducente pel popolo e fanno più o meno mostra di tenerezza per l’interesse del  pubblico.

Però la grande guerra ha prodotto anche a Resuttano uno spostamento specialmente nei borgesi e negli artigiani, le cui condizioni economiche e sociali  sono migliorate.

Vi sono bensì le legioni dei combattenti che son tornati senza mezzi di sorta e vivono  in grandi angustie per la forzata disoccupazione aggravata dal fatto ch’è quasi chiusa oggi la valvola dell’emigrazione, ma tuttavia mercè di essi incomincia a notarsi un risveglio promettente per il paese.

Resuttano agli inizi del 1900

Una raccolta di antichi attrezzi e fotografie d’epoca