L’esperienza costituzionale (la prima in Italia) fu per la Sicilia e per l’Italia meridionale un fatto di grande portata storica. Notevoli furono, per, le difficoltà tra cui essa si svolse. Mancavano, innanzitutto, alla classe nobiliare, che si era affermata come classe dirigente, concrete esperienze di governo, dal momento che per parecchio tempo essa aveva esercitato un ruolo di opposizione all’assolutismo borbonico, che aveva cercato in tutti i modi di disgregare. Era assai difficile trovare uomini in grado di governare il nuovo stato, infatti i baroni investiti di cariche di governo non avevano idea dei compiti che ad essi spettavano ed in quale modo dovessero svolgerli. Lo stesso principe di Castelnuovo, pur avendo la tempra dell’uomo di stato, nel suo ruolo di ministro delle finanze ebbe notevoli difficoltà a predisporre il budget (bilancio), trovandosi a dover ricostruire ex-novo le strutture e le funzioni dell’amministrazione finanziaria per le condizioni di dissesto in cui versava l’erario.

Analoghe difficoltà organizzative incontrarono il principe di Belmonte, nel suo ruolo di ministro degli esteri, ed il principe di Aci, ministro della guerra, e quando si dovette sostituire quest’ultimo, perchè in rotta con il Bentinck, si affidò la carica al giovanissimo Ruggero Settimo, nonostante la sua renitenza ad assumersi un compito così importante, di cui non si sentiva all’altezza.

Altra difficoltà era la mancanza di omogeneo consenso allo stato liberale da parte della classe nobiliare isolana, in cui i liberali rappresentavano una minoranza, che riusciva ad imporre la propria leadership solo grazie al sostegno di lord Bentinck. Analogo dissenso esisteva anche a livello della monarchia, dove l’azione del vicario Francesco, sostenitore del nuovo stato costituzionale, era ostacolata dal re Ferdinando e dalla regina. Gli atti di Francesco nella sua qualità di vicario, per essere definitivi, dovevano avere l’approvazione del re, che in definitiva era il vero capo dell’esecutivo e che, inoltre, esercitava i poteri riguardanti la difesa e la politica estera, come previsto dalla formula del vicariato. Nonostante queste obiettive difficoltà che minavano alle basi il nuovo stato costituzionale, esso rappresentò un’esperienza assai importante per la Sicilia e l’Italia meridionale.