Di fronte al programma innovatore del Caracciolo la nobiltà non rimase inerte, ma cercò di sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda dei riformatori, avvalendosi, però, di argomenti di ispirazione fisiocratica, che sottolineassero la funzione positiva della nobiltà in tema di economia. Particolare fortuna presso i nobili siciliani ebbe il Montesquieu, che sottolineava il ruolo intermedio della nobiltà tra il sovrano e il popolo, ma la ebbero anche intellettuali britannici, mentre Napoli si ispirava alla cultura francese più radicale. I nomi di Rousseau, Voltaire, Diderot furono di moda in entrambi i regni, mentre in Sicilia il principe di Trabia si faceva promotore di un piano di riforme che prevedeva l’alienazione dei beni ecclesiastici e demaniali, l’abolizione degli usi civici nelle terre baronali, la quotizzazione e la concessione a contadini delle terre della Chiesa e del demanio.

Il vicerè Caracciolo in persona, in occasione della carestia del 1784 – ’85, pubblicò un libretto, in cui esponeva a chiare lettere il suo programma di politica economica, certamente assai interessante ed innovativo. Egli si pronunciava sull’annosa questione della crisi della produzione granaria, a cui bisognava trovare un rimedio, che i nobili vedevano nella completa liberalizzazione del commercio del grano, misura che avrebbe favorito i loro interessi ed avrebbe certamente agito nella direzione opposta a quella perseguita dal Caracciolo, che era decisamente di ridimensionamento del baronaggio.

La proposta programmatica del Caracciolo non si limitava a considerare l’opportunità, o meno, di liberalizzare il commercio del grano, ma ravvisava l’opportunità di modificare il quadro strutturale dell’economia siciliana, puntando su tre obiettivi fondamentali: "avanzamento dell’agricoltura,distribuzione dei beni e degli uomini, giusta ripartizione dei pubblici pesi", infatti la ricchezza delle nazioni non è, secondo lui, proporzionale al denaro che esse posseggono, ma al lavoro che la produce e che è, a sua volta, proporzionato alla divisione delle fortune. Era un programma innovativo e di impronta decisamente illuministica.