Dopo la morte di Carlo Magno nell’814, sotto suo figlio Ludovico, detto il Pio, iniziò la decadenza del Sacro Romano Impero.
L’Europa dopo il Trattato di Verdun (843)
Il nuovo sovrano non seppe mantenere l’unità dell’impero minacciata dalle liti dei suoi tre figli, ai quali egli lo spartì, seguendo la consuetudine germanica che considerava il regno una proprietà personale del sovrano da dividere tra i suoi eredi. Tale divisione, sancita dal trattato di Verdun (843), delineò tre grandi unità politiche, che poi ebbero autonomo svolgimento storico: Germania, assegnata a Ludovico; Francia, assegnata a Carlo il Calvo; Italia, assegnata a Lotario insieme al titolo imperiale.
L’impero tornò a riunirsi, almeno nominalmente, sotto Carlo il Grosso (881-887), l’ultimo dei Carolingi, ma, essendosi egli dimostrato incapace di fronteggiare le nuove ondate di invasioni normanne, fu deposto dalla dieta, cioè dall’assemblea di feudatari che eleggeva l’imperatore.
Del Sacro Romano Impero rimase solo l’idea, che sopravvisse fino all’avvento di Napoleone Bonaparte. In Europa si scatenò l’anarchia feudale, ma nel contempo ebbe inizio il processo di differenziazione tra i popoli, che porterà alla nascita degli stati nazionali qualche secolo dopo.
Riuscì a ricostruire una forma di impero Ottone I, che scese in Italia nel 962 e si fece incoronare imperatore. Il nuovo impero era diverso da quello di Carlo Magno, intanto perchè comprendeva soltanto Germania ed Italia e non la Francia, che era ancora sotto i Carolingi, e poi perchè non nasceva da un accordo tra impero e papato, ma dalla subordinazione della Chiesa all’impero, che da questo momento in poi si fece promotore di un sempre più accentuato cesaropapismo.
Nel 1024 si estinse la discendenza della casa di Sassonia e la corona della Germania e dell’impero passò alla casa di Franconia, che continuò la politica di ingerenza nella scelta dei vescovi e nell’elezione del pontefice, con conseguente infeudazione della gerarchia ecclesiastica. Simonia (vendita delle cariche ecclesiastiche) e concubinato erano i mali della Chiesa che più destavano scandalo.
Sotto l’impero di Enrico IV (1056-1106) ed il papato di Gregorio VII (1073-1085) avvenne lo scontro tra le due massime autorità, passato alla storia come lotta per le investiture, che si concluse con il concordato di Worms (1122), che distingueva tra elezione e investitura: la prima spettava al papa, la seconda all’imperatore.
Estintasi la casa di Franconia, la corona della Germania e dell’Impero passò ai duchi di Svevia, ("Ghibellini") che riuscirono a prevalere nella lotta contro i duchi di Baviera ("Guelfi") e che la tennero dal 1138 al 1197.
L’imperatore svevo Federico I di Hoenstaufen, detto Barbarossa, consolidata la sua posizione in Germania, rivolse la sua attenzione all’Italia, dove erano sorti i Comuni, che avevano approfittato del lungo periodo di carenza dell’autorità imperiale per svilupparsi ed usurpare sempre nuovi diritti e prerogative.
Nonostante fosse sceso in Italia ben sei volte per riaffermare l’autorità imperiale sui Comuni italiani, Federico I riuscì ad ottenere con la pace di Costanza nel 1183 soltanto il riconoscimento della suprema autorità imperiale, ma dovette, a sua volta, riconoscere ai Comuni i diritti che per anni essi avevano abusivamente esercitato senza autorizzazione imperiale, compresi quelli di eleggere propri magistrati, promulgare leggi, stringere alleanze tra loro. Federico vide così sfumare il suo sogno di impero universale.
Rivolse, allora, le sue mire all’Italia meridionale, sede della monarchia normanna, ma questa volta usando un abile gioco diplomatico: il matrimonio di suo figlio Enrico con Costanza d’ Altavilla, ultima erede del regno normanno.
Federico I di Hoenstaufen, detto Barbarossa