La fondazione dell’università di Napoli dette impulso alla formazione di un gruppo di giuristi fedeli al monarca che, ispirandosi al diritto romano, contribuirono alla compilazione delle Constitutiones regni Siciliae, altrimenti dette ” Liber augustalis” o ” Assise”, promulgate a Melfi, un codice di leggi di cui il principale autore fu il logoteta e protonotaro Pier delle Vigne.
Piantina del comune di Melfi, luogo in cui Federico II di Svevia compilò le Constitutiones regni Siciliae
I Normanni avevano lasciato che lombardi, greci, arabi, franchi fossero giudicati in base alle loro leggi; Federico II volle un sistema unificato di leggi. Le "Constitutiones" rappresentano un momento significativo della legislazione medievale. Basate su norme di diritto romano di tradizione giustinianea, le integrano con norme di tradizione araba e normanna, con consuetudini locali e con norme di diritto canonico.
Esse constano di tre libri scritti in latino, successivamente tradotti in greco, e costituirono il fondamento della legislazione del regno di Sicilia fino al XVIII secolo.
L’esame delle "Constitutiones" dà la misura della singolarità del regno di Federico II nel contesto europeo. Esso era considerato di origine divina e gli ecclesiastici non dovevano interferire negli affari secolari. La giustizia penale era di competenza del sovrano e, anche quando il suo esercizio era delegato al feudatario per questioni di poco conto, era ammesso il ricorso al sovrano.
Alcune norme davano un’impronta di rigore morale, come quelle che punivano i bestemmiatori, i frequentatori di taverne, le fattucchiere. I funzionari del re non potevano accettare doni da persone sottoposte alla loro giurisdizione; alle donne adultere veniva tagliato il naso, mentre gli uomini che accettavano l’adulterio delle mogli erano frustati pubblicamente.
L’esercizio della medicina era condizionato al possesso del diploma universitario e della licenza del governo; l’usura era punita, agli ebrei era permesso fare prestiti con un interesse del 10%.