Dopo la battaglia di Azio nel 31 a.C. Ottaviano rimase unico padrone dell’impero romano. Egli inaugurò una politica di pace e di riassetto economico e giuridico dell’impero, di cui beneficiò anche la Sicilia.
Uno dei soldati romani impegnato nella battaglia di Azio del 31 a.c.
L’attività principale dell’isola, quella agricola, era parecchio dissestata; molte terre erano abbandonate, perchè mancava la manodopera.
Augusto affidò una grande estensione del territorio ad Agrippa, suo valoroso generale, e tenne per sè un’altra zona non meno estesa.
Una terza zona venne divisa in piccoli appezzamenti, che furono distribuiti ai veterani in congedo dell’esercito di Augusto.
Quest’ultimo accorgimento era diretto a far sì che, mescolandosi inevitabilmente i veterani con la popolazione locale, nascesse il senso di coesione e quindi la fedeltà a Roma. La struttura amministrativa fu rinnovata. Esistevano tre gruppi di città: le "colonie"(Taormina, Catania, Siracusa, Tindari, Terme e Palermo), dove affluirono molti veterani romani; i "municipia", che si differenziavano dalle prime sotto il profilo onorifico, che era di minore importanza; le città assoggettate a Roma, che continuavano ad avere autonomia negli affari interni.
Fu modificato il sistema tributario: alla decima, pagata in natura, fu sostituito lo "stipendium", un’imposta sulla terra pagata in denaro, probabilmente perchè il grano siciliano non era più indispensabile a Roma, che aveva nuove fonti di approvvigionamento nell’Egitto e nel Nord Africa.
Sotto l’impero la Sicilia fu integrata in modo completo nella nuova organizzazione e nel 212 le fu estesa la "Constitutio Antoniana" dell’imperatore Caracalla, che concedeva la cittadinanza romana a tutti i cittadini liberi dell’impero. In Sicilia regnò la pace, se si esclude una esplosione di banditismo nel 260.
La struttura economico-sociale sotto l’impero presenta interessanti caratteristiche. Nonostante in Sicilia le classi medio-alte godessero di una certa prosperità, documentata dalle opere pubbliche, non c’è traccia di siciliani che abbiano fatto carriera in politica, come avveniva, invece, in altre province romane.
L’attività alla base della ricchezza della Sicilia era l’agricoltura, che forniva i prodotti per il commercio. Gli scambi avvenivano con l’Africa, la Gallia, la Spagna. La prosperità dell’agricoltura rimase immutata nei secoli e, quando nel III sec. l’Italia attraversò una crisi di questo settore, essa non interessò certamente la Sicilia.
Gli schiavi impegnati nell’agricoltura erano numerosi, ma furono sempre più spesso sostituiti dagli affittuari. Alcuni di essi, che prendevano in affitto grandi estensioni di terreno, usavano dividerle in piccoli appezzamenti e subaffittarle.
Alla notevole ricchezza di alcune famiglie, documentata dalla villa del Casale presso Piazza Armerina, faceva riscontro la povertà della massa, che peraltro produceva ricchezza con il suo lavoro.
Le città più importanti e popolate erano Catania, Siracusa, Messina, Agrigento.