Le comunità siciliane secondo un modello di tipo oligarchico.
Le comunità siciliane politicamente erano organizzate in poleis, secondo un modello di tipo oligarchico, dove alcune famiglie possedevano gran parte della terra, amministravano la giustizia ed esercitavano le funzioni sacerdotali, il tutto in assenza di leggi scritte.
Questi maggiorenti tendono a costituirsi in classe, per esempio a Leontini e Siracusa, dove prendono il nome di geomori (divisori della terra).
Era presente a Siracusa il sistema schiavistico, così come lo era in Grecia, dove il bisogno di manodopera aveva spinto gli imprenditori a comprare schiavi nei mercati dell’Africa e dell’Asia.
La mentalità greca, inoltre, rifuggiva dal lavoro manuale, ritenuto indegno di un uomo libero, e privilegiava le attività della mente. Paradossalmente Atene, culla della democrazia, era il maggiore stato schiavista della Grecia.
Gli scontri tra le classi sociali faranno nascere, all’inizio del VI sec. , l’istituzione della tirannide, che caratterizzerà la storia della Sicilia nei tre secoli successivi.
E’ emblematica a Catania la figura del legislatore Caronda, che in un periodo tra il VII ed il VI sec. evitò probabilmente lo scoppio di una guerra civile con un compromesso, consistente in un codice di leggi scritte, che ponevano fine all’arbitrio, che ponevano all’arbitrio degli aristocratici.
Nel VI sec. i conflitti sociali aumentano in proporzione di quanto aumenta la prosperità delle città greche.
I conflitti sono tra aristocratici e popolo e tra le famiglie aristocratiche.In queste situazioni di conflittualità emerge l’istituzione della tirannide. I tiranni sono, in genere, aristocratici che speculano sulle aspirazioni del popolo, di cui chiedono l’appoggio promettendo distribuzioni di terre. Sotto i tiranni le assemblee popolari, pur continuando ad esistere, avranno una funzione irrilevante.
I tiranni, secondo il ritratto che ci è tramandato dalla storia, erano persone dispotiche, crudeli ed "eroiche", con un pizzico di megalomania. Si ritenevano al di fuori delle convenzioni sociali ed erano poligami in dispregio del tabù greco contro la poligamia. Sotto di essi la Sicilia godette di ricchezza e prosperità.
La leggenda ci ha lasciato la descrizione del mitico tiranno Falaride di Agrigento, che, salito al potere con l’appoggio dei mercenari pagati con il denaro che gli era stato dato dai cittadini per la costruzione di un tempio a Zeus, governò crudelmente e si dice che mangiasse i neonati. Fece costruire un toro cavo di bronzo, sempre secondo la leggenda, nel quale arrostiva coloro che gli erano invisi e per primo lo stesso fabbro che l’aveva costruito.
In questa leggenda è adombrata un’immagine negativa del dispotismo e ciò in armonia con la mentalità dei Greci, che privilegiavano la libertà al di sopra di ogni cosa.