Dal 405 fino alla conquista romana la storia della Sicilia è dominata dalla figura di cinque tiranni, che si succedono a Siracusa come veri sovrani

L'antica grotta calcarea nota come Orecchio di Dionisio, all'interno del parco archeologico di Siracusa, che prende il nome da uno dei cinque tiranni che si sono succeduti nei secoli della dominazione greca e che hanno fatto la storia della Sicilia antica

L’antica Grotta della favella, meglio nota come Orecchio di Dionisio, nei pressi del Teatro Greco di Siracusa

Dionisio I (405-367 a.C.)

Salì al potere con l’appoggio del popolo attirato dalla sua politica demagogica, ed esercitò il potere in maniera energica e disinvolta, ordinando il trasferimento di parti di popolazione da una città all’altra.

Si dedicò piuttosto che all’amministrazione della città al potenziamento della sua organizzazione militare, introducendo un nutrito contingente di mercenari e affidando le alte cariche dell’esercito ai suoi parenti ed ai suoi uomini di fiducia.

Egli instaurò un tipo di potere personale che era nuovo nel mondo occidentale e che sarebbe diventato la norma nelle monarchie ellenistiche dei secoli successivi.

Egli, di fatto, faceva valere il suo potere in tutta la Sicilia (ad eccezione dell’estremità occidentale), e nella punta meridionale dell’Italia. Aveva alleati nell’Epiro, nella Grecia nord – occidentale, nell’Italia meridionale.

A differenza dei suoi predecessori, più che templi, teatri ed edifici pubblici egli eresse fortificazioni.
Dionisio fu un personaggio di capacità eccezionali, riconquistò le città siciliane e nel 396 cacciò i Cartaginesi persino da Mozia, loro base tradizionale.

Successivamente si rivolse contro Reggio (387), assoggettò gran parte della Calabria e si spinse lungo la costa adriatica, dove fondò Lissa, Faros (Lesina), Corcira Melaina (Curzola), Tragurion (Trani), Ancona, Numana e Adria alla foce del Po.

Poi si rivolse alla costa del Tirreno e conquistò Pirgi in Etruria, gran parte della Corsica e l’isola d’Elba.E’ un incontro tra la civiltà italica e quella greca destinato a produrre sviluppi futuri.

Il concetto dello stato manifestato da Dionisio I è differente da quello greco, infatti creò uno stato unitario federativo diviso in furarchie (province) precorrendo la via che seguiranno la Macedonia di Alessandro Magno e poi Roma stessa.

Dionisio II (367-344 a.C.)

Successe al padre senza opposizioni, ma si rivelò di tempra assai inferiore e, si dice, fosse più dedito ai piaceri che alla politica.

Preferì risiedere a Locri e lasciò di fatto il potere nelle mani di altri. Gli creò grossi problemi il colpo di stato tentato nel 357 da Dione, della famiglia di Dionisio il Vecchio, che, dopo dieci anni di soggiorno in Grecia, imbevuto di filosofia platonica, voleva abbattere la tirannide per istituire la repubblica.

Siracusa conobbe un decennio di confusione e di disordine, ma la tirannide di Dionisio resistette, perchè Dione non ebbe il favore del popolo, che sospettava che egli stesso volesse diventare tiranno. Dione nel 354 fu assassinato da Callippo, prima suo alleato.

Siracusa e la Sicilia erano più che mai in preda alla confusione per le lotte tra aristocratici e popolo, che reclamava la ridistribuzione della terra.

Il controllo effettivo della situazione era esercitato dai mercenari, che però non riuscivano a tenerlo saldamente. In questi frangenti fu chiesto l’aiuto di Cartagine, che rispose positivamente.

Di fronte al pericolo di un’invasione cartaginese Iceta, un tempo seguace di Dione, chiese aiuto alla città-madre Corinto. Nonostante le difficoltà che Corinto in quel momento attraversava, mandò un esercito con a capo Timoleonte.

Timoleonte (344-337 a.C.)

In soli sei anni fu padrone dell’isola, nonostante disponesse di poche risorse militari ed economiche. Dionisio II fu mandato in esilio a Corinto, mentre i Cartaginesi furono sbaragliati. Timoleonte esercitò di fatto il potere come un tiranno, anche se non aveva nessuna autorità legale.

Egli attuò un programma di riforme per il rilancio economico della Sicilia, i cui positivi risultati sono testimoniati dagli scavi archeologici, che documentano uno straordinario sviluppo urbano e monumentale ad Akragas (Agrigento) e a Gela, conseguenza del buon andamento dell’agricoltura, che era la base dell’economia siciliana.
Si ritirò dal potere nel 337 a.C. costretto dalla vecchiaia.

Dopo il ritiro di Timoleonte a Siracusa ricominciarono i disordini e si ripresentò la minaccia di un intervento cartaginese.

Lo stato di incertezza e di confusione ebbe fine quando assunse il potere Agatocle, un guerriero che si era distinto nelle lotte contro i Cartaginesi.

Agatocle (317-289 a.C.)

Salì al potere con l’aiuto delle classi popolari a cui aveva promesso riforme sociali, infatti egli promosse distribuzioni di terre alle classi meno abbienti, che lo resero inviso all’aristocrazia, che, pur di liberarsene, si fece promotrice di intese con i Cartaginesi. Agatocle, battuto dai Cartaginesi ad Ecnomo, presso Licata, fulmineamente sbarcò in Africa (310 a.C.) e pose l’assedio a Cartagine, che abbandonò quando dovette tornare in patria per la rivolta di Agrigento (306).

Con Cartagine fu firmata la pace. Egli rivolse le sue mire espansionistiche verso Corcira (Corfù) e verso Crotone in Calabria.

Dopo la chiusura del conflitto con Cartagine, egli si era fregiato del titolo di re, passo che nessuno dei suoi predecessori aveva mai compiuto.

Probabilmente egli intese così allinearsi con le monarchie ellenistiche per acquistare credito all’estero, dove, infatti, godette di un considerevole prestigio.

Egli si alleò con Pirro, re dell’Epiro, a cui diede in sposa una figlia, mentre egli stesso sposò una figlia di Tolomeo, re d’Egitto. Il suo potere mancava, però, di solide basi e quando egli fu assassinato nel 289 a.C., seguì un periodo di conflitti e di anarchia.

Dopo la scomparsa di Agatocle la Sicilia, ancora minacciata dai Cartaginesi, chiese aiuto a Pirro, re dell’Epiro.

Questi era reduce da una spedizione iniziata nel 280 contro i Romani, che si era conclusa con due vittorie, ma con imponenti perdite (di qui il detto "vittoria di Pirro"). Accettò, quindi, di dedicarsi ad un’impresa che si presentava meno rischiosa.

Alcuni storici sostengono che fu nominato re di Sicilia nel 278 a.C., ma la notizia non è di inconfutabile attendibilità. Pirro, battuti i Cartaginesi, se ne ritornò in Epiro e la Sicilia continuò ad essere minacciata, oltre che dai Cartaginesi, dalla nascente potenza romana, che aveva assoggettato l’Italia meridionale.

Ierone II (269-215 a.C.)

Salì al potere assumendo il titolo di re, titolo che egli usò in tutti i documenti pubblici. Il suo ritratto con il diadema era inciso sulle monete e così pure quello di sua moglie Filistide, secondo l’uso egiziano.

Egli non concepì disegni espansionistici, conscio del fatto che, se i suoi predecessori avevano potuto fronteggiare Cartagine, nessun sovrano siciliano avrebbe potuto fronteggiare Cartagine e Roma.

Quando i Mamertini, mercenari già al servizio di Siracusa, si impadronirono di Messina, Siracusa e Cartagine si trovarono per la prima volta alleate per evitare l’ingresso di Roma in Sicilia, dato che i Mamertini avevano chiesto l’aiuto di Roma.

Ma Ierone nel 263 abbandonò l’alleanza con i Cartaginesi e si alleò con Roma. L’intervento di Roma in Sicilia nel 264 segnò l’inizio della prima guerra punica.

Nel 241 a.C. la Sicilia divenne provincia romana; solo Siracusa conservò l’indipendenza con un piccolo territorio. Ierone mantenne l’amicizia con i Romani; la sua splendida corte vide la presenza del matematico Archimede e del poeta Teocrito.

Nel 218 a.C. scoppiò la seconda guerra punica e Cartagine e Roma condussero complicate trattative diplomatiche per assicurarsi l’appoggio di Siracusa.

La città, inizialmente alleata di Roma, vide prevalere alla morte di Ierone nel 215 fazione anti-romana ed entrò nella sfera di influenza di Cartagine.

Il console romano Marcello la assediò e fu il genio di Archimede a farla resistere a lungo, ma, dopo tre anni di assedio, Siracusa capitolò nel 212 a.C. Il console Marcello la sottopose ad un duro saccheggio, che la privò anche del patrimonio artistico.

Da questo momento in poi la storia della Sicilia sarà solo un’appendice di quella di Roma.
Siracusa muore dopo quattro secoli di vita gloriosa, che l’ha vista svolgere un ruolo di primo piano non solo in Sicilia, ma in Italia, dove portò gli influssi della civiltà greca e dove spianò la strada a Roma tenendo a bada Cartagine.
Fu la prima vera metropoli della cultura occidentale, alla quale dette un grande contributo nelle arti, nella letteratura, nelle scienze, nell’arte militare.

Edificate nel IV secolo a.C. dal tiranno Timoleonte,originario di Corinto, le antiche mura greche,  realizzate con grandi blocchi di tufo e uniche nel loro genere in Sicilia, si ergono tra altopiani e dirupi della collina gelese di Caposoprano

Antiche mura greche costruite nel IV secolo a.C. da Timoleonte, sulla collina di Gela, in località Caposoprano

Antica moneta di età ellenistica in cui l’effige di Agatocle, potente e spietato tiranno di Siracusa il cui obiettivo politico fu quello di creare in Sicilia una monarchia di stampo ellenistico, è riprodotta con le sembianze del dio Apollo

Antica moneta greca raffigurante il tiranno Agatocle di Siracusa, con le sembianze di Apollo