La Spagna e il Portogallo furono i primi che espulsero i gesuiti, malvisti da tutti i governi, e nel 1773 la Compagnia di Gesù fu dichiarata sciolta dal papa. La chiusura dei collegi gesuiti fece si che in Sicilia nascevano nuove scuole medie e superiori che si occupavano dell’istruzione di decine di migliaia di studenti appartenenti alle classi dirigenti.
Sant’Ignazio di Loyala
Un provvedimento significativo nella linea politica di rafforzamento economico dello stato, ai fini sociali, a spese della comunità ecclesiastica fu l’espulsione dei gesuiti nel 1767. Lo scioglimento della Compagnia di Gesù, fondata da sant’Ignazio di Loyola nel 1534 per sostenere la realizzazione della Controriforma, fu la riforma più importante del ‘700 europeo. La Compagnia di Gesù aveva, da un lato, modernizzato il cristianesimo rendendolo meno rozzo e superstizioso, ma dall’altro aveva assicurato l’egemonia della Chiesa nel mondo cattolico, ostacolando il processo di affrancamento dello stato, della società e della scienza dai vincoli della religione cattolica.
I primi stati europei che espulsero i gesuiti furono la Spagna ed il Portogallo, che posero, così, fine alla loro soggezione morale ed intellettuale nei confronti della Chiesa. I gesuiti erano malvisti da tutti i governi cattolici e nel 1773 la Compagnia di Gesù fu dichiarata sciolta dal papa, decisione che testimonia la situazione di crisi in cui versava la Chiesa nella seconda metà del ‘700.
L’espulsione dei gesuiti fu un provvedimento di grande portata storica, il più importante della seconda metà del ‘700, prodromo della Rivoluzione Francese. La Chiesa perse in Europa in un colpo solo la sua supremazia, ed i rapporti tra stato e Chiesa cominciarono ad essere impostati in modo diverso. La reazione della Santa Sede nei confronti di Spagna, Portogallo e regno delle Sicilie, che avevano operato l’espulsione, fu di debole protesta di fronte alla ventilata minaccia da parte di questi stati di suscitare una guerra contro lo stato pontificio.
Il provvedimento governativo di espulsione dei gesuiti e di confisca dei loro beni nel regno delle Sicilie destò a Palermo la disapprovazione della classe dirigente, formatasi nelle loro scuole, e dello stesso vicerè Fogliani; ma nessuno osò opporsi apertamente, dal momento che era noto che il governo aveva predisposto gli accorgimenti necessari a fronteggiare un’eventuale resistenza.
Le conseguenze più rimarchevoli si fecero sentire in Sicilia nel campo scolastico, dal momento che la chiusura di 35 case e collegi fece venire meno un altrettanto numero di scuole medie e superiori, che si occupavano dell’istruzione di decine di migliaia di studenti appartenenti alle classi dirigenti.
Fu significativa in quest’occasione l’istituzione per la prima volta della scuola pubblica di stato, con docenti dipendenti dallo stato e programmi fissati dal governo. I nuovi docenti scolastici furono tutti laici, i preti insegnarono soltanto religione secondo il catechismo del Bossuet, scelte dal governo; ebbe, così, inizio non senza difficoltà iniziali, inerenti alla preparazione dei docenti, la scuola statale laica nel meridione d’Italia.
Sorsero anche istituzioni culturali pubbliche e di ispirazione laica, come l’Accademia degli studi di Palermo, che divenne Università nel 1805, e le biblioteche pubbliche di vari centri dell’isola; spesso questi istituti culturali sorgevano in sedi prima occupate dai gesuiti e utilizzavano materiali e patrimonio bibliografico prima in loro possesso. Il processo di sviluppo culturale della società siciliana ebbe un incremento considerevole, anche se la cultura, pur essendo di indirizzo illuministico, non ebbe caratteristiche antibaronali, ma in ogni caso si creavano le premesse per futuri sviluppi in senso democratico.