Il clero ed il monachesimo greco per i contatti diretti che avevano con le popolazioni indigene furono in Sicilia il più efficace veicolo della cultura bizantina, che prevalse su quella latina a partire dal VII sec.
Siracusa, chiesa bizantina di San Giovanni alle Catacombe
Quando l’imperatore Costante II nel 663 trasferì la sede dell’impero a Siracusa, tale processo era giunto a compimento e si rafforzò nella seconda metà del VII sec., quando al soglio pontificio si succedettero papi siciliani (Agatone 678-682; Leone II 682-683; Conone 686-687; Sergio I 687-701) e un patriarca di Antiochia fu siciliano (Teofane nel 680).
La chiesa siciliana rimase, però, legata a quella di Roma e la solidità di questo legame è dimostrata dalla posizione che la Sicilia assunse durante la lotta contro l’iconoclastia.
Nel 728 l’imperatore Leone III Isaurico (=il Siriano) con atteggiamento cesaropapista proibì il culto delle immagini sacre e ne ordinò la distruzione in tutto il territorio dell’impero.
L’editto suscitò viva indignazione in Italia e il papa, giudicandolo un gesto di intollerabile ingerenza in materia religiosa, scomunicò gli iconoclasti.
Fu in quell’occasione che i Longobardi, stanziati in Italia dal 568, cercarono di approfittare della rottura tra Roma e Costantinopoli per impadronirsi sia dell’Esarcato bizantino, che dello stato pontificio, senza, però, riuscirci.
La Sicilia si rifiutò di osservare l’editto iconoclastico dell’imperatore, il quale, per ritorsione, aumentò di un terzo il testatico (imposta sui redditi delle persone fisiche) e confiscò i beni della chiesa siciliana ponendola sotto la giurisdizione del patriarcato di Costantinopoli.
Fu sotto il patriarcato di un siciliano, Metodio di Siracusa, che fu resturato il culto delle immagini nell’843.
La lotta iconoclastica fece affluire in Sicilia molti religiosi bizantini dissidenti e fu in quel periodo che si organizzarono, dal punto di vista religioso, le sedi di Catania, che era autonoma, e di Siracusa, con dodici dipendenze.
Il clero siciliano divenne parte attiva della vita di Bisanzio e la scelta di papi greco-siculi è verosimilmente determinata dal riconoscimento della competenza che il clero siciliano aveva della Chiesa orientale, circostanza importante per combattere le eresie greche.
La Chiesa siciliana rimase, però, fondamentalmente fedele a Roma, come dimostra la posizione che essa assunse in occasione dello scatenarsi di eresie o di altri contrasti religiosi, anche se l’uso della lingua greca, l’assenza di monasteri benedettini antecedenti al periodo normanno e la nomina di Teofane di Siracusa a patriarca di Antiochia nel 680 fanno pensare ad una spiccata tendenza verso la cultura orientale.
Questa tendenza fu quella che infine prevalse e nella seconda metà del VII sec. la Chiesa siciliana era orientale in tutti i suoi aspetti, compresi quello liturgico e rituale.
La minoranza siciliana istruita e politicamente influente parlava greco.
Le vicende esposte documentano che la Chiesa siciliana fu il più efficace veicolo per la bizantinizzazione dell’isola.
La cultura siciliana assunse un’impronta prettamente bizantina con caratteri dialettico-speculativi, mentre l’architettura e le arti figurative conservarono la tradizione romana.