La Sicilia al tempo della conquista di Belisario aveva avuto dall’imperatore Giustiniano un ordinamento indipendente dagli altri domini italiani
Themata bizantini nel 717
Il potere civile era esercitato dal praetor, di pari grado dell’esarca di Ravenna. Egli era scelto dall’imperatore tra gli alti ufficiali e dipendeva direttamente dal quaestor palatii di Costantinopoli.
A capo dell’esercito e della flotta stanziata in Sicilia c’era un dux, che dipendeva direttamente dal magister militum di Costantinopoli.
Un funzionario era, poi, addetto alla riscossione delle decime, delle dogane e delle varie imposte sul commercio e sull’agricoltura; un altro funzionario era addetto alla ricezione delle petizioni indirizzate all’imperatore.
Alla fine del VII sec., sotto il primo periodo di impero di Giustiniano II (685-695 e 705-711) alla Sicilia fu estesa la "riforma tematica", applicata in tutto l’impero come militarizzazione dell’intero corpo dello stato, che la fece diventare una circoscrizione militare dell’impero.
Questo cambiamento fu dovuto alla necessità di fronteggiare la minaccia musulmana sempre più preoccupante e le sollevazioni che in Italia suscitava la politica antipapale dell’imperatore.
I themi ("corpi d’armata") nell’impero bizantino erano unità amministrative a carattere decisamente militare. Ai soldati veniva assegnata in proprietà una estensione di terra, trasmissibile ai discendenti, in cambio del servizio militare obbligatorio anche per gli eredi del fondo.
L’espediente consentiva di incrementare la consistenza dell’esercito, pur limitando le spese a carico del bilancio dello stato.
A capo di ogni thema stava lo stratego, che aveva il comando delle forze militari ed esercitava una funzione di controllo sulle autorità civili. Un suo eventuale strapotere era scongiurato dal controllo costante di una serie di funzionari di Costantinopoli.
L’estensione del territorio governato dallo stratego di Sicilia comprendeva anche i ducati di Calabria e di Napoli, Terracina e Gaeta. E’ comprensibile come, dopo l’occupazione dell’esarcato ravennate nel 751 ad opera dei Longobardi, lo stratego siciliano abbia raccolto l’eredità della potenza bizantina in Italia.
Il ruolo esercitato dallo stratego siciliano, insignito del titolo di patrizio, nella politica italiana fu di grande rilievo a partire dalla metà dell’VIII sec., specialmente quando egli svolse una funzione di mediazione tra l’Oriente bizantino e l’Occidente carolingio.
Il patrizio di Sicilia Michele condusse persino una trattativa di matrimonio tra l’imperatrice Irene e l’imperatore Carlo Magno, progetto che andò a monte per la diffidenza che i Bizantini conservavano nei confronti dell’emergente potenza dei Franchi.
Il patrizio siciliano si fece, inoltre, promotore di un’importante trattativa diplomatica quando l’invasione araba minacciò la Sicilia.
Costantinopoli in quel momento non poteva essergli di aiuto, perchè minacciata dal pericolo bulgaro e dilaniata da lotte intestine, ed allora il patrizio si rivolse al papa ed all’imperatore Carlo Magno per concertare un’azione comune, dal momento che la minaccia araba non interessava solo la Sicilia, ma tutto l’occidente.