Con l’inizio della dominazione angioina determinarono una netta divisione tra i sostenitori e gli oppositori di Carlo d’Angiò,che successivamente sfociarono in una rivolta tra i due ceti.

Il tracollo degli Svevi e l’inizio della dominazione angioina determinarono in Sicilia una netta divisione tra i sostenitori e gli oppositori di Carlo d’Angiò. Tre grandi città dell’isola, Palermo, Messina e Siracusa, si schierarono decisamente dalla parte del nuovo sovrano. Certamente in questa scelta influirono motivi di carattere economico: i ceti mercantili speravano di recuperare privilegi legati all’attività commerciale, che erano stati cancellati dagli Svevi. Queste città, dunque, dettero il loro appoggio sperando di ottenere in cambio privilegi economici, franchigie doganali, misure protezionistiche.

Le città siciliane godettero, nel periodo angioino, di una considerevole libertà di azione in sede amministrativa ed economica. Esse cessarono di essere organismi amministrati da ufficiali regi, come avveniva in epoca normanna e sveva, e diventarono istituzioni relativamente autonome. E’ documentata l’esistenza di città che eleggevano il loro consiglio, si davano uno statuto, provvedevano alla ripartizione ed alla riscossione dei tributi regi, eleggevano i loro giudici, prerogativa, quest’ultima, assai significativa, perchè i giudici avevano sia compiti giurisdizionali che amministrativi.

Nell’esercizio di queste prerogative è lecito supporre che si manifestassero forti rivalità tra gruppi di nobili e patrizi da un lato e ceti mercantili e artigianali dall’altro. Il prevalere dei primi sui secondi svuotò gli ordinamenti autonomi delle città del loro vero significato e determinò un profondo senso di distacco dal potere centrale. Tale circostanza sarà evidente nella rivolta del Vespro, che, suscitata dai feudatari terrieri più retrivi, in combutta con la monarchia d’Aragona, finì con l’avere anche l’appoggio dei ceti urbani.