Nel 1509 Ferdinando il Cattolico nominò il valenciano Ugo Moncada vicerè di Sicilia, investendolo di poteri non solo politici, ma anche militari sulle milizie siciliane e spagnole dell’isola e sulle sue fortezze.
La Sicilia aveva ormai perso la sua autonomia di regno ed era diventata un’appendice della Spagna, che la governava in funzione dei suoi interessi politici.

Lo scontro tra nobiltà siciliana e vicerè maturò sulla politica africana della Spagna, che aumentava la pressione fiscale sulla Sicilia per finanziare la spedizione diretta alla conquista di Tripoli e di Tunisi.

La spedizione salpò dalla Sicilia nel luglio del 1511 e Tripoli, conquistata con relativa facilità, dette un ricco bottino, nonostante i suoi abitanti fossero fuggiti portando via immense ricchezze. L’anno seguente le mura di Tripoli furono abbattute e fu costruita una fortezza, sede del presidio spagnolo. Fallì, invece, la conquista di Tunisi, città meno ricca, ma militarmente più importante.

In agosto le truppe superstiti ritornarono in Sicilia e U. Moncada convocò in via ordinaria il Parlamento, allo scopo di chiedere un donativo di 300.000 fiorini, somma uguale a quella degli anni precedenti e che lo stesso Moncada ammetteva di non potere aumentare dato lo stato di precarietà in cui versava l’economia della Sicilia.

La richiesta incontrò l’opposizione delle città, sia feudali che demaniali, a cui già in passato i sovrani spagnoli avevano imposto vendite e usurpazioni dei loro patrimoni, nonchè imposte sui consumi, che ricadevano sui ceti economicamente più deboli.

La politica africana si era rivelata costosa ed improduttiva, molte città siciliane ed anche alcuni nobili non erano più disponibili a sostenerne il peso economico. Alla chiusura del Parlamento le tensioni sfociarono in una rivolta a Palermo il 19 agosto 1511 e solo con l’aiuto della nobiltà gli Spagnoli riuscirono a reprimere il moto, scatenato dalle loro prepotenze e dai loro abusi.

Rimase, comunque, vivo il malcontento dei Siciliani, che mal sopportavano di avere l’onere di fronteggiare la pirateria barbaresca e turca del Mediterraneo occidentale, che si faceva sempre più audace, mentre le risorse della Spagna erano dirette a contrastare la Francia per il possesso dei domini italiani.

Erano soprattutto i mercanti, che, colpiti da sempre nuovi dazi, manifestavano una decisa opposizione contro la politicaafricana spagnola. Tra di essi erano numerosi i "conversos", cioè gli ebrei convertiti, contro i quali il Moncada adoperò in modo spregiudicato lo strumento eccezionale dell’Inquisizione spagnola; operavano, infatti, in Sicilia dal 1487 gli inquisitori mandati dal famoso Torquemada, respinti, invece, da Napoli. L’Inquisizione spagnola si innestava su quella romana medioevale, adoperando, però, metodi ben più efferati, ivi compresa la tortura. Questo dette inizio ad una polemica, che si snodò attraverso guerre e congiure tra il 1516-1524, volta ad ottenere il ritorno all’Inquisizione romana.