L’organizzazione economica e sociale del periodo normanno fu di tipo signorile e feudale, con una serie di privilegi per i feudatari ed un tessuto di rapporti personali, che di fatto rendevano difficoltoso l’esercizio di autorità del potere centrale.
Due guerrieri normanni mentre si preparano ad una battaglia
La terra era divisa tra demanio, sotto il controllo del potere centrale, e latifondi, concessi ai cavalieri.
La Sicilia orientale era dominata da signorie che controllavano aree assai vaste, tra cui le città di Catania e Siracusa, mentre le terre del demanio erano assai meno compatte, anche se le città più importanti dell’isola appartenevano al demanio.
La politica dei Normanni nel Mezzogiorno fu condizionata nelle sue scelte dai rapporti tra potere centrale e classe feudale.
Per quel che riguarda i rapporti all’interno del feudo, i cavalieri tendevano ad estendere la pars dominica a danno di quella massaricia, data in usufrutto ai subalterni, fenomeno che il potere centrale cercò sempre di arginare.
La politica economica dei feudatari mirava all’incremento della produzione a vantaggio esclusivo del feudatario, facendone, però, gravare l’onere sui contadini, che subivano un continuo sfruttamento in termini di giornate lavorative gratuite nella pars dominica, oltre alla quota di raccolto del loro appezzamento che dovevano al feudatario.
La messa a coltura della pars dominica era, dunque, fatta senza rischio di investimenti, perchè gravava totalmente sulla classe dei contadini.
La coltura prevalente era quella cerealicola, accanto a quella viticola; la Sicilia aveva il monopolio del grano.
Il tenore di vita della classe signorile era assai alto: la servitù era numerosa (spesso retribuita soltanto con vitto e alloggio), vestiti e suppellettili erano raffinati, i gioielli erano di gran valore, i castelli avevano costose opere di fortificazione.