Milena, centro periferico della provincia regionale di Caltanissetta, da cui dista 45 chilometri, si estende su una superficie di 24,56 chilometri quadrati, e conta 3800 abitanti!

Matrimonio a Milena

Veduta panoramica del paese di Milena

Ragioni storiche e sociali hanno determinato l’originale disposizione delle sue abitazioni, sparse su una vasta contrada e raggruppate in villaggi che, fino a qualche anno addietro, erano 14, oltre al centro Milena è un paese di recente costituzione: non conta neppure cento anni, essendo stata eretta a comune autonomo solo nel 1923, anche se vanta origini antichissime ed è stata sempre abitata.

Gli scavi archeologici hanno dimostrato la presenza umana sul suo territorio fin dalla età neolitica e successivamente nell’età del rame, del ferro e del bronzo. Milena era una località ferventissima di vita e di civiltà in epoca micenea e costituiva un centro di forte attrazione per migranti mediterranei.

La sua presenza in epoca storica non si ferma al periodo miceneo, ma continua anche durante la colonizzazione ellennistica.

Da una visita alle sue contrade, si possono quasi toccare con mano le vestigia delle varie epoche che Milena ha vissuto sotto i dominatori dai Greci ai Romani, dai Bizantini agli Arabi ai Normanni, fino ai nostri giorni. Per il periodo musulmano si possono fare degli accostamenti riferendo il termine Abi-Malek a Milocca (antica denominazione di Milena).

Durante la dominazione degli Angioini, re Carlo concesse i feudi di Milocca a due cavalieri provenzali: Giovanni Russo e Guglielmo Raimondi di Bellomonte. Il figlio di quest’ultimo rimase padrone del territorio fino al 1278, anno in cui lo divise. Nel 1282 era signore di Milocca Giovanni Russo, mentre nel 1286 la borgata ed i suoi feudi passarono in possesso di Mariano Capizzi ed Antonio di Milocca.

Al primo successe il figlio Giacomo che, facendosi monaco alienò i suoi beni ai Benedettini di San Martino della Scala di Palermo.

E l’Abate, assunse il titolo di Barone di Milocca. Sotto i monaci avvenne il popolamento delle terre, perchè i religiosi concessero ai contadini il diritto di pascolare nei campi non seminati, di far legna e di raccogliere erbe commestibili.

Per tali concessioni si accese una controversia tra i monaci e la città di Sutera. La vertenza tra alterne vicende, si concluse a favore di Sutera, quando nel 1866, avvenne la soppressione dei beni ecclesiastici, e i beni dei monaci furono incamerati dal demanio dello Stato.

I cittadini di Milocca divennero cittadini di Sutera. Questa vendette le nuove terre ai suoi abitanti ad un prezzo per loro conveniente ed essi, per mancanza di strade di collegamento tra le terre da coltivare ed il paese, preferirono trasferirsi nelle terre da coltivare e costruirvi le proprie abitazioni, una accanto all’altra per avere compagnia, per essere più sicuri ed avere a propria disposizione l’ uso dell’ acqua potabile. Queste nuove abitazioni, che sorsero a gruppi sparsi nella vasta campagna, vennero chiamate “Robbe” e ad ognuna di esse venne dato il cognome o il soprannome del suo primo costruttore. In seguito, dal raggruppamento di più robbe, nacquero i villaggi che assunsero nomi legati alle vicende risorgimentali e fasciste: Garibaldi, Cavour, Mazzini, Piave, Monte Grappa, Vittorio Veneto, Cesare Battisti, Roma, San Martino, Crispi, Masaniello, San Miceli, e Balilla.

Questo assetto è di epoca recente, risale alla sua costituzione a comune autonomo, il 30 dicembre 1923. Da allora Milena si è dotata di uffici, case e strade, creando dal nulla tutti quei servizi indispensabili ad una vita civile. Oggi a Milena si vive la vita tranquilla dei piccoli centri dell’ entroterra siculo.

Si trascorre il tempo in un ambiente dalla serenità georgica, dove ognuno coltiva, accanto alla propria casa, il suo orticello, assieme a rose e violecciocche; il suo cielo è sempre azzurro il clima sopportabile anche sotto il solleone, luogo ideale per un soggiorno tranquillo.

Visitiamo Milena

Chi vuole arrivare a Milena, venendo dal continente, se arriva in treno a Palermo, deve proseguire per Agrigento e scendere alla stazione di Campofranco; si immetta poi nella provinciale n.24. Caltanissetta-Milena-Campofranco e, dopo pochi minuti di percorso sinuoso, comincerà ad intravedere, tra il verde degli olivi e delle viti, che negli ultimi decenni hanno ricoperto le sue ondulate colline, le prime casette dai muri nuovi, accanto ad altre semidiroccate ed abbandonate da chi ha lasciato “la robba” e si è trasferito nel centro urbano …

Altro modo per raggiungere Milena, viaggiando con l’ aereo, è quello di atterrare all’aereoporto di Palermo o di Catania e da qui, attraverso lo scorrimento veloce Palermo-Agrigento uscendo all’ incrocio con la provinciale n. 24 o l’ autostrada Catania-Palermo uscendo al bivio per Caltanissetta si immette nella bretella e si raggiunge Caltanissetta da dove, attraverso la provinciale n .23, si arriverà a Milena.

Da Caltanissetta per arrivare a Milena si devono percorrere circa 45 chilometri. Dopo aver superato la circumvallazione di Bompensiere, uno dei comuni limitrofi, con cui il paese confina ad est, si oltrepassa il torrenteNaduri” e si è in territorio di Milena.

Dopo la breve salita di un tratto di strada di recente ammodernata, si è in vista delle prime case dell’ abitato. Osserviamo le nuove casette costruite da chi abita al centro ed ama trascorrere qualche periodo dell’ anno all’ aria aperta e subito dopo abbiamo davanti i ruderi della fattoria-convento di San Martino, uniche vestigia della presenza dei monaci di San Martino delle Scale di Palermo che qui risiedettero nel quattordicesimo secolo.

Questa abbazia fu costruita quando il feudo fu dato dal barone Giacomo Capizzi il 4 gennaio 1363, che si fece monaco, al convento di San Martino delle Scale.

I monaci concessero parte del feudo in enfiteusi a signori di Campofranco, quali don Giovanni Mantione, don Palmerio Schifano e don Leonardo Mendola.

Durante il periodo in cui i feudi, che oggi costituiscono Milena, erano amministrati dai Benedettini, il centro della vita era una fattoria, pare sorta intorno al 1400.

In questo stesso luogo fu, poi, edificato il convento fattoria i cui resti, in totale stato d’ abbandono, sono visibili ancora oggi, non appena si giunge a Milena.

Vogliamo visitarli?

Lasciamo la macchina nella sottostante piazzola di sosta, dove, di recente, è stata creata dai giovani di una coperativa una “zona verde”, un’ aiuola.

Inerpichiamoci per una rapida salita e prima ancora di avere il fiato grosso, arriviamo in uno spiazzale dove notiamo subito la soglia erbosa di una Chiesa che ci richiama alla memoria i famosi versi di Pascoli “le chiese di campagna che erbose hanno le soglie“.

Ecco il portale ancora imponente che ci lascia immaginare come la fattoria doveva essere stata nel passato, quando la vita ferveva attorno all’ operosità dei monaci il cui motto “ora et labora”, tutti ricordiamo.

Di quanto ancora oggi rimane: due splendidi portali, uno della foresteria e l’ altro della chiesa, l’impostazione grandiosa della struttura e l’ ampia scalinata a due rampe, possiamo immaginare come essa sia stata al tempo in cui svolgeva la funzione di epicentro della vita feudale. La sua struttura, ancora imponente, ci lascia immaginare le sue dimensioni che dovrebbero aggirarsi sui tremila metri quadrati.

Aveva la forma di un rettangolo, diviso in due parti da un corpo centrale che si elevava solo di un piano. Per accedervi bisognava passare sotto un arco al di là del quale c’ era un cortile lastricato a ciottoli. L’ arco della porta di accesso era sormontato da una volta a botte.

Sopra l’ ingresso c’era la stanza per il guardiano, alla sinistra la foresteria, mentre a destra c’era la chiesa che aveva inglobato l’antico sacellum di San Martino.

Alla chiesa si accedeva da un portale sormontato da conci di gesso; sopra l’architrave, costituito da un arco a tutto sesto, c’era lo stemma della baronia (tre colline in campo azzurro erano sormontate da una croce, sul campo era collocata una corona baronale).

Oggi lo stemma del comune di Milena raffigura tre colline in campo azzurro sormontate da un leone rampante, il campo è sormontato da una corona di comune con merli turriti. Il soffitto aveva la volta a botte con al centro una lunetta con un altarino. La lunetta, in seguito al crollo di parte della volta, venne trasformata in finesrta.

Di fronte alla chiesa si elevava la foresteria che era ornata da stucchi. Al di là del lastricato, c’ era una porta di ferro che immetteva nel primo cortile della fattoria che si estendeva su una superficie di circa quattrocento metri quadrati, ed era circondarto da stanze che servivano come, abitazione per il personale del feudo e per gli addetti ai servizi. I soffltti delle varie stanze avevano la volta a crociera al cui centro un riquadro conteneva una pittura di artista ignoto.

Una scala a doppia rampa con quattro gradoni d’ invito, mostrava tutta la sua grandiosità, ergendosi al centro del cortile, addossata alla fabbrica principale. Particolare rilevante era la lastra di pietra unica con cui erano formati i gradini. La scala terminava in un ballatoio su cui si apriva un portale, anch’esso in conci di gesso, che immetteva in una sala di attesa. A destra c’erano poi le stanze degli affittuari a sinistra quelle dei monaci, celle piccole e raccolte che davano sul cortile rivolto a mezzogiorno.

Tutte lle stanze avevano il soffitto a crociera con stucchi ed al centro un riquadro contenente una pittura incorniciata da decorazioni a rilievo. Secondo le testimonianze degli storici, sul portale d’ingresso c’era una lapide recante un iscrizione in latino che riportava la data del 1240 e tutto quanto avevano stabilito i monaci per gli abitanti di quelle terre.

Sulla lapide oggi non più esistente, c’era un ovale con un bassorilievo che raffigurava la Madonna Immacolata. Sotto la scalinata che portava al secondo piano, c’era un arco che continuava per tutta la profondità e portava al secondo cortile; qui stavano i magazzini le pagliere, il forno il mulino il palmento e tutto quanto era necessario alla vita del feudo. La funzionalità della fattoria servirà da modello alle varie “robbe” del feudo.

Villaggio Vittorio Veneto

Appena lasciata la contrada San Martino, si è in vista del primo villaggio “Vittorio Veneto”, che sorge nelle vicinanze del cimitero; ma prima di arrivarci ci si imbatte in una piccola cappella chiamata “cappella dei padri Redentoristi”;poi, attraversando la strada del villaggio, si incontra una chiesetta dedicata a San Giuseppe, in onore del quale, in maggio si celebra una festa campestre (La devozione a san Giuseppe a Milena è molto sentita ed il santo, che è il patrono del paese, è festeggiato anche il 19 marzo con la tradizionale ” tavolata di li vecchiariddi” un banchetto ricco di varie portate che per una tradizione, che si perpetua quasi intatta negli anni, vede preparare le svariate pietanze con tutti i prodotti di stagione coltivati o che crescono spontanei nelle nostre fertili contrade).

Accanto ad essa c’è un abbeveratoio dove, ancora oggi qualche pastore di passaggio con il suo gregge sosta per dissetarsi, nella calura torrida dell’ estate. Successivamente si incontra il villaggio Ballilla,e da lì, volgendo lo sguardo verso sud,scorgiamo il comune di Sutera che, per tanti anni, ebbe sotto la propria giurisdizione alcuni feudi di Milena.

Proseguendo sempre verso nord-ovest, si giunge al villaggio Mazzini e, attraversando la via della Vittoria, ci si troviamo in via Nazionale al cui inizio scorgiamo una cappella dedicata a Padre Gioacchino la Lumia (nobile cappuccino, originario di Canicattì, per il quale un gran numero di Milenesi prova una grande venerazione). Questa via è la principale del centro urbano dove sorgono le scuole, la chiesa parrocchiale, i vari negozi, l’ edificio postale ed il municipio nelle cui stanze al piano terra è sistemata la biblioteca comunale e in altre giacciono i reperti archeologici rinvenuti nelle varie campagne di scavi, che aspettano, ancora, di trovare adeguata sistemazione nel costruendo museo archeologico.

Sempre nel centro sorgono due istituti di credito, la “:Cassa rurale” ed il “Monte dei Paschi di Siena”, entrambi edifici moderni, costruiti negli ultimi vent’ anni.

Chiesa di San Giuseppe

Più antica è, invece, la chiesa principale dedicata a San Giuseppe e affidata alle cure di padre Francesco Falletta.

La sua costruzione risale al 1870, anno in cui iniziarono i lavori che si protrassero per decenni. In quest’ ultimi anni è stata completamente rifatta.

Entriamo dal suo grande portale e ci troviamo di fronte l’altare maggiore, in marmo pregiato, rifatto inseguito alla riforma del concilio vaticano II che vuole il celebrante con il viso rivolto ai fedeli, contrariamente a quanto accadeva prima, quando il sacerdote pregava dando le spalle ai fedeli. Nel primo altare di sinistra possiamo notare la statua dell’ Addolorata in legno, tela e stucco: in legno le mani e i piedi, in tela i panneggi e in stucco il viso.

In un altro altare di sinistra c’ è la statua di Sant’ Antonio Abate, anche questa eseguita dal Biancardi, scultore napoletano dell’ Ottocento. L’ opera lignea raffigura il Santo in grandezza naturale con una fluente barba che gli incornicia il volto pensoso.

La sua mano destra poggia su un bastone fiorito e sui piedi appare un porcellino (Sant’ Antonio nelle campagne è considerato il protettore degli animali ed era usanza, a Milena, fino ad una ventina d’ anni addietro, allevare un porcellino che si nutriva del cibo che riceveva dai vari abitanti del paese, presso le cui case si recava.

In occasione della festa che si celebrava in agosto, il porcellino veniva venduto e con il denaro ricavato si contribuiva alle spese della festa per l’ illuminazione e la musica) .

Nel secondo altare di destra è risposta la statua di San Giuseppe con il bambino Gesù, che con la sua piccola mano destra regge un cuore d’ argento. Una statua di origini più recenti è, invece, quella di Pio X, in abito papale.

Nella chiesa si trovano anche dei quadri antichi di un certo valore.

Piazza Garibaldi

Lasciata la chiesa, usciamo sulla Piazza Garibaldi, centro della vita associativa Melinese, dove la gente si incontra quando è libera delle proprie attività, per scambiare idee ed opinioni sui fatti del giorno. Addossato alla parete esterna della chiesa, che dà sulla piazza, si nota un portico con accanto la torre campanaria con l’ orologio che con i suoi lenti rintocchi regola le quotidiane fatiche dei laboriosi abitanti del piccolo borgo.

Poco distante dal portico, nel centro della piazza, ecco una fontana costruita da circa vent’ anni che, con la sua linea semplice, conferisce una nota di eleganza all’ ambiente. Dalla parte centrale emergono dei puttini che reggono col cavo delle piccole mani un vaso destinato a contenere dei fiori.

Piazza Europa

Lasciamo la via Nazionale ed attraverso la via Fratelli Cervi arriviamo in Piazza Europa, che si estende nella zona dove, negli ultimi anni, sono state costruite numerose casette unifamiliari.

Nella parte centrale della piazza è stato innalzato un monumento ai caduti che raffigura un imponente eroe che solleva in alto la bandiera della vittoria e guarda avanti, additando a tutti l’alba di un nuovo domani libero e migliore. Al di sotto della statua una lapide reca incisi i nomi dei caduti negli ultimi due conflitti mondiali. Nella stessa piazza, a ridosso dell’ aiuola in cui è collocato il monumento, vediamo l’edificio postale e alle sue spalle una costruzione ancora incompleta: l’antiquarium che dovrà ospitare i reperti portati alla luce varie campagne di scavi effettuate negli ultimi decenni. Alle spalle dei due edifici citati sorgono la scuola media, la scuola materna, il poliambulatorio e il nido per i più piccini.

ALTRI villaggi.

Da questa zona possiamo raggiungere i villagi “ROMA” con una piccola chiesa dedicata a Santa Rita e “Monte Grappa”.

Ad est della scuola media si estende il villaggio “Piave” e successivamente il “Cavour”, lasciando il quale ed immettendoci nella via Silvio Pellico, osserviamo l’asilo parrocchiale e delle nuove costituzioni sorte nella zona che nel piano regolatore è destinata all’ espansione commerciale ed artigianale. Se vogliamo proseguire alla scoperta dell’ abitato, dobbiamo lasciare il centro urbano ed avviarci al villaggio Masaniello,il più distante dal centro Villaggio Masaniello.

Ci arriveremo dopo aver percorso tre chilometri di strada e appena giunti potremo notare la scuola elementare, delle botteghe e la chiesa di Sant’ Isidoro affidata alle cure del parroco don Francesco Falletta.

In questo villaggio di recente è stato allestito il museo della civiltà contadina che conserva le testimonianze del tempo che fu, raccolte e dati alla fruizione dei visitatori.