“Dopo Capri, Marettimo è la più bella isole italiana”, così ha definito quest’isola delle Egadi Fulco Pratesi, presidente del WWF Italia.

Il mare di Marettimo

Veduta panoramica della costa di Marettimo

Marettimo è una sorpresa continua. La natura offre valori esclusivi: falesie e strapiombi di bianco calcare dolomitico, grotte inimitabili, incantevoli spiaggette di ciottoli piccolissimi, innumerevoli specie di piante endemiche, un gran numero di rapaci, di mufloni; è l’unica isola della Sicilia dove non esistono alberghi e pensioni (si alloggia solo nelle camere e nelle case dei locali e in un residence perfettamente in stile con le abitazioni isolane): vi è un unico centro abitato e non esistono strade carrozzabili (solo dei panoramicissimi sentieri, molto ben tenuti, che risalgono i suoi monti aguzzi e raggiungono gli angoli della costa più belli).

Non è certo un isola per "snob" e VIP: qui bisogna dimenticare discoteche, shopping, mondanità, ristoranti e locali "in", vita notturna. Ma non è neanche un’isola per eremiti alla ricerca di solitudine e di totale isolamento dal mondo: Marettimo è "l’isola delle isole", dove chiunque può fruire di un territorio integro, ancora di straordinaria bellezza e valore, e riuscire a diventare, subito, parte integrante di una comunità semplice, viva e accogliente.

E’ nel periodo geologico del triassico che si sono formati i durissimi e bianchi calcari dolomitici che caratterizzano le alte pareti che rendono unica quest’isola in tutto il Mediterraneo: da Punta Troia a Punta Libeccio è un continuo, incredibile, susseguirsi di guglie, picchi, grotte e cale.

Sulle dolomie, circa 80 milioni di anni dopo, si sono depositate le rocce calcaree cristalline che hanno formato le parti più alte dell’isola fra cui Monte Falcone (m.686), Pizzo del Capraro (m.627), Punta Campana (m.630).

Staccatasi dalla terraferma ben prima di Favignana e Levanzo, quest’insularità prolungata ha determinato l’evolversi a Marettimo di tutta una serie di specie vegetali rare e dalle caratteristiche specifiche che si sono insediate soprattutto sulle rupi scoscese, al riparo dagli interventi dell’uomo e dai morsi degli animali: sono la Scilla hughy, il Dianthus rupicolo, la Scabiosa limonifolia, l’Hypochaeris levigata, la Seseli bocconi esclusive del mediterraneo occidentale, e il Bupleuro a foglia di garofano (Bupleurum dianthifolium) esclusivo di Marettimo. Anche lungo la costa vi sono piante rare o specifiche come l’Elicriso pendulo (Elicrisum pendulum) che si trova abbondantissimo a Punta Troia. Risalendo verso la cima dell’isola la macchia è sempre presente, fitta e abbondante, con le sue specie più tipiche: il rosmarino, il cisto, l’erica, l’euforbia, il biancospino, il lentisco, la Dafne, il leccio, la satureia, l’olivastro.

E’ molto diffusa la Brassica macrocarpa, progenitrice selvatica di tutti i tipi di cavolo. Gran parte dell’isola è stata ottimamente rimboschita dal Corpo Forestale con pini d’Aleppo, ma esiste anche un boschetto autoctono, costituito da una cinquantina di piante che crescono attorno alla sorgente d’acqua della Pegna che scorga, "filiforme", alla base di un grande carrubbo, lungo il sentiero per Punta Troia.

La fauna dell’isola non si riduce, come altrove, a qualche coniglio selvatico e a pochi uccelli. Qui nidificano numerose coppie di falco pellegrino (rimanendo in osservazione alle alte quote si finisce per avvistarne sempre qualcuno), il gheppio, il grillaio, la poiana e sembra che nidifichi anche la rarissima aquila del Bonelli. Fra gli uccelli marini nidifica (in una grotta di cui, per prudenza, non riveliamo il nome) il piccolo uccello delle tempeste e sono presenti anche la sula bassana, la berta e la monachella nera.

Se ci si apposta alle prime luci dell’alba sul Pizzo Falcone, si avvistano quasi con certezza piccoli branchi di mufloni al pascolo nel pianoro sottostante (sono stati introdotti anni addietro per ragioni venatorie e si sono ben ambientati sull’isola). Anche i cinghiali sono stati (ahinoi !) introdotti: hanno provocato numerosi danni alla macchia ma per la scarsezza d’acqua sono ormai quasi scomparsi. I rettili presenti sono di un certo interesse: il biacco carbonaio, il gongilo, la tarantola mauritanica, l’emidattilo verrucoso e la Lacerta wagleriana marettimensis, una lucertola endemica. Manca all’appello, anche qui, la foca monaca.

Marettimo è stata l’ultima isola siciliana a vederla presente ancora fino agli annì60. Un tempo abitava numerosissima i mari e le coste della Sicilia e delle sue isole minori (ovunque vi sono località dal nome riferito al "bue marino").

Marettimo è stata la sua ultima dimora prima di scomparire definitivamente. Le foche prediligono le grotte con una spiaggetta e amano crogiolarsi al sole. Nel mediterraneo sono presenti nelle isole greche, in Sardegna e lungo la costa africana nord-orientale. L’ultima foca monaca siciliana è stata uccisa da alcuni cacciatori nel 1958 a Marettimo, fulminata a fucilate sulla spiaggetta della grotta del cammello mentre, di notte, era semi – addormentata.

Nessun’ altra isola, e non solo italiana, offre un "giro dell’isola" incantevole come quello che si può effettuare a Marettimo. A bordo di una barca guidata sapientemente da uno dei pescatori del luogo si lascia lo scalo vecchio (posto a nord dell’abitato ) o lo scalo nuovo (a sud) puntando verso settentrione sotto l’incombere di Pizzo del Capraro e di Monte Falcone. Dopo qualche centinaio di metri si incontra lo scoglio del Cammello (vagamente ne ricorda la forma) e l’omonima grande grotta (nel cui tetto si apre un largo foro) con la sua spiaggetta.

Come in quasi ogni altra grotta dell’isola si nota la presenza di Astroides calycularis sulle pareti immerse. Si raggiunge l’aguzzo promontorio di Punta Troia, con il suo (cadente) castello spagnolo abbarbicato in cima. Alla base della Punta si apre la grotta del Tuono dalla volta molto alta. Oltre lo scalo maestro (bellissima la sua spiaggetta) si apre la grotta della Pipa. Da qui a Punta Mugnone si stende il tratto di costa utilizzato dalla fauna marina per riprodursi (incredibilmente è stata inserita nella riserva solo come zona B).

Incombono subito dopo le bianche guglie del Pizzo della Madonuzza e delle Fragole i cui fianchi sono coperti da macchia fittissima.

Superata Punta Mugnone appaiono la Cala Bianca (con spiaggetta) e Capo Bianco: sono d’ una bellezza "assoluta": le pareti, sino a poco prima coperte dalla macchia, diventano delle bianche cattedrali di pietra dove si ergono torrioni dolomitici a strapiombo che superano i 400 metri d’altezza. I fondali, per la presenza di detriti di calcare dolomitico sul fondo, sono trasparentissimi e conferiscono al mare un meraviglioso colore turchese (al tramonto il tutto si accende di caldissime tonalità dorate). Quindi è la volta di visitare la grotta Perciata (è possibile farlo solo con bonaccia totale e con un bravo timoniere) e, dopo altre pareti a strapiombo, quella "del presepio" (al cui interno antichissime concrezioni sembrano voler ricordare le forme di una Madonna che prega e di altre figure sacre della natività), della Bombarda (così chiamata per i boati che le onde vi producono all’interno).

Dopo ci si dirige verso cala Bombardella, cala Spalmatore (con la sua piccola spiaggetta) e Punta Libeccio, con il vicino faro. Questo lungo tratto di costa a partire dalla cala Bianca è stato inserito in zona A, di riserva integrale, con l’intenzione di tutelare le grotte (i fondali precipitano subito a grandi profondità ed il pesce non vi depone le uova) ma i vincoli attualmente esistenti sono troppo rigidi ed eccessivi per una zona che deve poter rimanere fruibile dai visitatori. Sulla via del rientro al paesino, poco prima del cimitero vi è una bella spiaggetta raggiungibile anche a piedi dal paese percorrendo (in mezz’ora) un sentiero.

E’ questa l’unica isola minore della Sicilia dove l’escursionista autentico trova davvero "pane per i suoi … scarponi".

Le escursioni regine sono tre e di diversa difficoltà. La prima è facile ed è adatta proprio a tutti: conduce dal paesino fino al castello di Punta Troia. Lo si raggiunge in poco più di un’ ora di cammino seguendo il bel sentiero che, come gli altri esistenti sull’isola, il Corpo forestale mantiene e migliora continuamente con l’impiego di giovane manodopera locale. A circa metà strada vi è la sorgente della Pegna, riconoscibile per la presenza, unica, di un grande carrubbo.

All’altezza di cala Maione la traccia scende in forte pendenza con degli scalini verso l’istmo che collega l’isola a Punta Troia. Che peccato! Questo piccolo castello, costruito dagli spagnoli sull’apice di Punta Troia dove arabi ed aragonesi avevano installato delle torri d’avvistamento, versa nel più totale stato d’abbandono (è di proprietà dell’intendenza di Finanza che non ha cosa farsene ma che preferisce continuare a mantenerne la proprietà … fino all’ormai prossimo crollo). Nella sua tremenda cella realizzata in un grande serbatoio per l’acqua (si riconosce chiaramente la botola d’ingresso: attenzione! E’ senza coperchio) è stato relegato per ben tre anni Guglielmo Pepe. Il pessimo stato delle strutture richiede molta prudenza nel visitarlo.

A partire dal 1995 l’escursione a piedi fino a Punta Troia può proseguire, per i più esperti ed allenati, in modo davvero straordinario. Poco prima di raggiungere la scalinata che conduce a Cala Maione si diparte, sulla sinistra, un altro sentiero che aggira e risale parzialmente Pizzo della Madonnuzza per poi continuare lungo la parete settentrionale dell’isola fino a raggiungere la cala Bianca. Si impiegano oltre due ore di difficile cammino ma i panorami che si osservano ne fanno un escursione di vera eccellenza. Questo sentiero, un tempo utilizzato dalla popolazione, era in stato di totale abbandono fino all’intervento della Forestale.

Naturalmente non si può non arrivare fino alla cima del Pizzo Falcone. Si segue la traccia che dal paese risale verso l’interno dell’isola all’altezza dello Scalo vecchio (si segue la stradella pavimentata dopo il ristorante del Pirata fino alla fontana d’acqua e si prosegue su sterrato). Si entra nella pineta di rimboschimento e in mezz’ora si raggiungono le cosiddette "case romane" un edificio, costruito con la tipica tecnica ad opus reticulatum, probabilmente del I o II secolo d.C. di cui si sconosce l’uso (forse un luogo d’avvistamento militare).

A fianco sorge una bellissima chiesetta bizantina del V/VI sec d.C. (anch’essa in uno stato di abbandono totale) – nel vicino abbeveratoio scorre una vena d’acqua potabile-.

Si prosegue seguendo il sentiero a sinistra (diritto si va alla presa d’acqua comunale) e, in circa 1 ora, si raggiunge la sella tra Pizzo Falcone e M. Capraro. Verso destra si raggiunge in breve (non vi è sentiero) la sommità del Monte con i grandi panorami su Pizzo Madonuzza e delle Fragole (nei pianori sottostanti non è difficile avvistare i mufloni e nelle pareti vi sono alcune delle specie vegetali endemiche). Si può continuare a seguire il ciglio degli strapiombi osservando i barranchi e rientrando sulla sella da occidente (un’altra ora di cammino).

Nino Anastasi è un giovane marettimano che ama la natura e gli animali e che ha pensato di riportare sull’isola degli asinelli per condurre in giro i visitatori … che non vogliono camminare … per i sentieri dell’isola. Effettua escursioni verso Monte Falcone , Punta Lisandro e il faro.