Nel XIX sec. il settore industriale siciliano, che in generale presentava caratteristiche di arretratezza, esprimeva interessanti caratteristiche di dinamicità in due settori che ebbero per la Sicilia importanza rilevante: quello zolfifero e quello enologico. I sistemi d’estrazione del minerale, l’organizzazione degli operai ed altro ancora.
La miniera Gessolungo a Caltanissetta dopo il suo abbandono – Fotografia di Vincenzo Santoro
Nel XIX sec. il settore industriale siciliano, che in generale presentava caratteristiche di arretratezza, esprimeva interessanti caratteristiche di dinamicità in due settori che ebbero per la Sicilia importanza rilevante: quello zolfifero e quello enologico.
Lo zolfo era, nel XIX secolo, la principale risorsa della zona centrale della Sicilia e ad essa dette un’impronta assai particolare, che oggi gli storici si sforzano di ricostruire per i valori che ha espresso e che sono parte integrante della civiltà dell’isola.
La Sicilia godeva, allora, del monopolio naturale dello zolfo (91% della produzione mondiale), che veniva quasi tutto esportato. L’industria chimica europea e quella americana e giapponese dipendevano esclusivamente dallo zolfo siciliano: Caltanissetta e Girgenti (Agrigento) erano il cardine del mercato chimico mondiale.
Il ciclo dell’industria zolfifera siciliana si esaurì nell’arco di circa due secoli (dalla fine del ‘700 alla seconda metà del ‘900). I motivi vanno ricercati in elementi di carattere endogeno ed esogeno. Tra i primi il regime fondiario, che fino al 1927 legò il possesso del sottosuolo alla proprietà del suolo; l’insana strutturazione produttiva e commerciale, che non consentiva un’organizzazione razionale ed economica del settore; l’assenza di un’integrazione verticale con l’industria chimica. I secondi erano, invece, quegli elementi contingenti che determinavano una variazione nel rapporto domanda-offerta dello zolfo su scala internazionale, a cui l’organizzazione produttiva e commerciale esistente non era in grado di adattarsi con prontezza.
Di qui emerge un’altra caratteristica del settore: le cicliche crisi di sovrapproduzione, che determinavano la chiusura di piccole e medie miniere e, comunque, causavano gravi disagi anche alle grandi.
La storia dell’industria zolfifera è fatta di rapide fortune economiche e di subitanei tracolli, di improvvisazione artigianale e di alta tecnologia industriale.
La Sicilia dello zolfo è tutt’altro che immobile; essa presenta una perenne dialettica tra conservazione e innovazione, che per certi versi caratterizza anche la vicenda del latifondo siciliano.
Protagonista è lo zolfo, che, fino alla prima guerra mondiale, ebbe un posto di primo piano nell’industria chimica europea; ad esso si legavano dinamiche sociali, che vedevano gabelloti, mediatori, operai contendersi l’accesso al circuito rendita-profitto-salario.
Nonostante la Sicilia avesse nel XIX sec. il monopolio naturale dello zolfo, la necessità di regolamentarne la commercializzazione ed i prezzi impose il ricorso ad accordi di tipo monopolistico con compagnie straniere, come la “Taix-Aycard e C.” (1838-1840) e la “Anglo-Sicilian Sulphur Company”, (1896-1906) allo scopo di disciplinare la produzione ed il commercio.
All’inizio del ‘900 la scoperta di ricchi giacimenti zolfiferi nella Louisiana e nel Texas determinò una forte concorrenza e quindi la necessità di un intervento statale per la costituzione di un Consorzio obbligatorio (1906-1932) con scopi ben precisi: raggruppamento dei produttori e monopolio della commercializzazione, con possibilità di anticipazioni finanziarie ai produttori sulle quantità in deposito; stipula di accordi con i produttori stranieri per operare forme di divisione dei mercati, come quello del 1908 con la ” Union Sulphur Company”; adozione di misure di contingentamento della produzione allo scopo di limitare l’accumularsi dello stock invenduto.
Gli stessi scopi furono perseguiti successivamente dall’Ente Zolfi Italiani (1939) e dall’Ente Minerario Siciliano (1962), creato dalla Regione Siciliana per applicare le direttive C.E.E.
Nell’arco di tutti questi anni mancarono, però, provvedimenti tesi alla riorganizzazione produttiva ed all’integrazione verticale delle miniere con l’industria chimica di acido solforico e di fertilizzanti. Questi giunsero soltanto nel 1962, quando già si attuava un piano di chiusura delle miniere meno produttive. La ripresa del settore non ebbe più luogo e, da quella data in poi, i provvedimenti della Regione Siciliana accompagnarono la liquidazione del settore zolfifero.
Interni della miniera Trabonella a Caltanissetta – Fotografia di Vincenzo Santoro
Nastro trasportatore alla miniera Gessolungo di Caltanissetta – Fotografia di Vincenzo Santoro