Il metodo di coltivazione dei giacimenti zolfiferi previsto nei contratti di gabella era, in genere, per “colonne”, “archi” e “pasture”, consisteva, cioè, in gallerie inclinate (“calature”), che scendevano nelle viscere della terra, sovrapponendosi in più piani, ed erano sostenute da pilastri formati dallo stesso minerale di zolfo.
Fasi di lavorazione dello zolfo nella miniera di Gessolungo a Caltanissetta – Foto di Vincenzo Santoro
L’escavazione del minerale era fatta a colpi di piccone da operai detti "picconieri"; più tardi vennero adoperati esplosivi e precisamente la dinamite e la "polvere bianca" (a base di clorato di potassio) e nelle miniere che sviluppavano in proprio l’energia elettrica fecero la loro comparsa i martelli pneumatici.
La direzione dei lavori era affidata, in genere, ai capomastri, operai che venivano dalle file dei picconieri, la cui abilità era frutto di esperienza e di intuito. Solo le grandi miniere affidavano ad un perito minerario la direzione dei lavori e ciò avvenne soprattutto dopo il 1864, anno in cui sorse a Caltanissetta la Scuola mineraria.
Il proprietario stabiliva nel contratto di gabella anche la consistenza dei pilastri e degli archi, perchè, finita la prima fase di sfruttamento della miniera, egli la dava in gabella per l’estrazione del minerale di cui i pilastri erano costituiti, operazione che era semplice ed a buon mercato, ma con forti rischi per l’incolumità dei minatori, sepolti, spesso, da improvvisi crolli.
Nel 1850 la profondità media delle zolfare era di appena 19 metri, ma salì a 50 nel 1887 ed a 120 nel 1905, con punte massime di 250-300 metri nelle grandi miniere.
Il trasporto del minerale dalle viscere della terra alla superficie venne per molto tempo fatto a spalla da trasportatori di tutte le età, che venivano chiamati "carusi" (ragazzi), perchè erano in prevalenza ragazzi dai 10 anni in su, fino a quando con la legge 10 novembre 1907, n.818 sul lavoro delle donne e dei fanciulli fu stabilita l’età minima di 14 anni.
Dopo il 1870 si realizzarono nelle zolfare notevoli progressi tecnici resi necessari dall’approfondirsi dei livelli di lavorazione: estrazione meccanica per pozzi verticali, trasporto del minerale con vagoncini a vapore, eduzione delle acque con motori a vapore; agli inizi del ‘900 l’uso dell’energia elettrica fece realizzare ulteriori progressi tecnici. Essi erano, però, limitati alle grandi miniere, mentre le piccole e medie continuarono ad usare il trasporto a spalla.
Le più importanti zolfare della Sicilia si trovavano nelle province di Caltanissetta e di Agrigento ed erano la Trabonella (Caltanissetta), la Bosco (San Cataldo),la Iuncio Testasecca (Caltanissetta), la Crocilla e Montagna (Comitini), la Sofia (Sommatino), la Grande Trabia (Sommatino), la Tallarita (Riesi), la Grottacalda (Piazza Armerina), la Cozzodisi (Casteltermini), la Floristella (Valguarnera).