Su una rupe scoscesa e inaccessibile alta 419 m sul livello del mare, in contrada Salomone, a pochi chilometri dal comune di Mazzarino ed in una posizione strategica a guardia di un’ampia vallata attraverso la quale la grande piana di Gela si immette, con una serie di altre valli, verso i territori di Enna e Caltanissetta, si ergono i ruderi del Castello di Garsiliato o Grassuliato o Saliato o, molto più familiarmente per la gente che abita quei luoghi, Castiddazzu.
Ruderi architettonici del castello di Garsiliato o dei Saliati
Luoghi già ellenizzati (VI a.C.) e poi scelti dai Romani per controllare le vie di penetrazione nell’isola, luoghi che proprio per la loro conformazione potevano nascondere truppe e provvigioni.
A protezione del territorio i Romani costruirono in quei luoghi due castelli e, mentre al primo diedero nome di Mazarinum, al secondo diedero quello di Arx Saliatum cioè castello dei Saliati o Salii, sacerdoti di Marte (pare in numero di dodici per volere di Numa Pompilio) così chiamati per il saltare che facevano per le strade nel celebrare la festa in suo onore e che custodivano il suo simulacro in un tempietto a lui dedicato ed eretto proprio vicino al castello. Ai piedi dello stesso, vicino alla sponda sinistra del fiume Gela, era situato anche il villaggio romano.
In quei luoghi, ai Romani seguirono i Bizantini e nell’VIII secolo i Saraceni che distrussero il villaggio, (non fu più ricostruito) ma che mostrarono gran considerazione per l’ottima posizione occupata dal castello nel territorio.
In quella stessa altura, nell’XI secolo, i Normanni, dopo aver scacciato i Saraceni, ripristinarono il castello e costruirono una chiesa dalla quale oggi purtroppo restano sparute tracce.
Le prime notizie storiche riferiscono che nel 1091, in un elenco di donazioni effettuate alla chiesa di Santa Maria della Valle di Giosafat, apparisse fra altri il nome di Salomon de Garsiliat, figlio forse, di Guicone de Garsiliat.
Con Simone de Garsiliat, nome poi corrotto in Grassuliato, si ripristina un piccolo borgo e si riabita il castello. Territorio vastissimo ricco d’ogni bene e composto, inoltre, da ben nove feudi ed ancora una volta la sua postazione particolarmente strategica ne facevano terra ambita.
Tanto potente era il suo signore, Bartolomeo di Grassuliato, che osò sfidare l’autorità regia, riuscendo a coinvolgere alla ribellione anche altri impetuosi nobili, tanto da costringere lo stesso re Guglielmo I (‘il Malo’) a guidare contro di lui un esercito, che ebbe la meglio soltanto dopo un lungo, aspro e rovinoso conflitto. Il Castello messo a ferro e fuoco venne distrutto ed abbandonato.
Al tempo di Federico II di Svevia la contea di Grassuliato risorse, anzi, pare che diventi contea proprio in quel periodo. Nel 1282, durante la guerra del Vespro, troviamo i suoi signori a combattere contro gli Angioini e nel 1299 li troviamo schierati, fedelissimi, al fianco degli Aragonesi.
La tormentata storia della Sicilia di quei secoli coinvolse, ovviamente, in altrettante alterne vicende anche la contea di Grassuliato; la Guerra dei Novant’anni dilaniò l’sola e tanti furono gli “attori” della contea in quei momenti; da Bernardo Raimondo de Rebellis (difensore della nave di re Federico II d’Aragona nella battaglia di Capo d’Orlando e primo di una famiglia di numerosi uomini d’arme) a suo figlio Giacomo Pietro ed ancora, da Riccardo di Passaneto e suo fratello Ruggero, fino a Guglielmo Pallotta che accusato di fellonia da re Martino I d’Aragona segnerà per sempre la decadenza della famiglia e del suo maniero.
Da quei fatti in poi tutto il territorio di Garsiliato passerà, a ricompensa dei servigi resi alla causa Aragonese, a Niccolò Branciforti signore di Mazzarino e dopo di lui a tutti i suoi discendenti, che dal 1507 furono chiamati Conti di Mazzarino e di Garsiliato.
I Branciforti per ben governare, al contrario di molti altri nobili, non si trasferirono mai nella capitale del regno ma preferirono abitare le proprie terre, non risiedendo mai nel castello di Garsiliato che ben presto mostrò i segni dell’abbandono.
Per questo gli abitanti di Grsiliato, poco alla volta si trasferirono a Marrarino, spopolando la contea, ma, forse, anche perché il territorio di Mazzarino risultava meno isolato ed in una posizione topografica più favorevole.
Così come per altri, anche per il Castello di Garsiliato, storie e credenze popolari si mescolano; ed in questo particolare caso la leggenda popolare accomuna il Castiddazzu a U Cannuni.
Essa tramanda che, in un tempo non precisato, si accendesse una disputa fra i due più importanti “Signori” del territorio, padroni entrambi di estesi quanto mai limitrofi contadini, per la fondazione di un unico importante agglomerato. Sempre la tradizione narra che la sorte abbia favorito il “Signore” di Mazzarino, per cui, così come stabilito nel patto iniziale stipulato tra i due, la città nuova venne costruita nei pressi del castello vincitore.
E’ rilevante notare come le dicerie popolari spesso traggano spunti da fatti storici.
Gli studiosi , parlando del castello di Grassuliato, asseriscono che era accessibile solo da un fronte e per un viottolo d’accesso ripido e difficile da percorrere. Sicuramente la morfologia del territorio ha condizionato la costruzione dello stesso che poggiava le sue fondamenta su vari livelli e su di un terreno formato prevalentemente da roccia gessosa. Il maniero medievale pare avesse salde mura merlate, con porte e finestre a sesto acuto e con volte a crociera; aveva anche ampi saloni e vaste cisterne e ovviamente un sotterraneo che lo metteva in comunicazione con la sottostante valle.
Il suo abbandono, risalente al secolo XVI, non ha certo favorito la sua conservazione; ed ai nostri giorni risulta difficile riconoscere dai pochi elementi, molto slegati fra loro, la grandiosità del vecchio castello. Possiamo sicuramente confermare che, rispetto all’abitato, doveva risultare molto imponente e, inoltre, anche dominante per un ampio raggio della vallata del fiume Gela e dei luoghi circostanti.
Tratto da Emma Mòllica
Della casa editrice AnninovantAEditrice
Castello di Garsiliato o Castiddazzu di epoca feudale