Agrigento fu fondata da Gela verso il 581 a. C. Essa ebbe le istituzioni della madre patria e risultava, quindi, colonia di Rodi.
La Valle dei Templi di Agrigento – Tempio di Giunone
Il primo – leggendario – tiranno fu Falaride, ma fu con Terone – una settantina d’anni più tardi che Agrigento raggiunse la massima espansione, dal 488 al 473 a. C., con la conquista di Imera (l’odierna Termini Imerese) che le valse un dominio che andava dal canale di Sicilia al mar Tirreno.
Un tale dominio non poteva non infastidire i Cartaginesi che avevano sotto la loro influenza tutta la Sicilia occidentale. Questi tentarono la riconquista di Imera, ma ebbero – nel 480 a. C. – una memorabile sconfitta.
Grande fu il vantaggio che Agrigento ebbe da questa vittoria soprattutto a causa del grande numero di schiavi che catturò. Tutte queste braccia portarono al massimo la prosperità della città.
Ebbe un grande sviluppo l’allevamento del bestiame, in particolare quello dei cavalli da corsa per cui Agrigento era famosa. Il suo territorio si riempì di uliveti e di vigneti, con grande produzione di olio e di vino bianco e vino rosso italiano. Celebre è restato il nome di Gellia, per esempio, che – grande produttore di vino – possedeva cantine scavate nella roccia che ne contenevano centinaia di ettolitri. Questi schiavi, poi, permisero alla città l’edificazione di opere enormi, come i suoi templi, gli acquedotti, la piscina.
Una vera febbre di costruzione prese gli Agrigentini, anche perchè era cessata la politica di espansione e ci fu un periodo di pace. Nello spazio di circa novant’anni la città costruì qualcosa come nove templi di cui uno di dimensioni enormi. I templi sono tutti di stile dorico.
Il più antico, del VI secolo a. C., è l’Herakleion con colonnati laterali di ampie dimensioni, capitelli e colonne dai profili curvi, molto allungato e con maschere di leoni sulle grondaie. Costruiti dai prigionieri di Imera della battaglia del 480 a. C. il tempio di Demetra – con due altari rotondi a nord, cornice policroma e maschere di leoni – e l’Olympieion – colossale e innovativo, con un muro pieno al posto del peristilio che presenta mezze colonne all’esterno con corrispondenti pilastri interni inframezzate da colossali giganti. Questi giganti, i telamoni, rappresentavano un sogno di enormità e di primato architettonico proprio dei siciliani più che dei greci.
Telamoni che entrano, pure, nella poesia di Quasimodo:
“Là dura un vento che ricordo acceso nelle criniere dei cavalli obliqui
in corsa lungo le pianure, vento
che macchia e rode l’arenaria e il cuore
dei talamoni lugubri, riversi
sopra l’erba. Anima antica, grigia
di rancori, torni a quel vento, annusi
il delicato muschio che riveste
i giganti sospinti giù dal cielo.” (*)
Arenaria la chiama Quasimodo la pietra dei templi di Agrigento, pietra così diversa dal marmo pentelico del Partenone di Atene. Sentiamo come Guido Piovene evidenzia le differenze cromatiche tra due complessi, per altro, molto simili: “L’Acropoli di Atene è di un bianco azzurrino; invece i templi di Agrigento sono di un tufo arenario color giallo intenso, come la terra che li attornia. La pietra, che trattiene il sole, diventa color zafferano, quasi buttasse fuori la luce assorbita, all’ora del tramonto.
Gli incendi lasciarono su questo giallo vampate di rosso vermiglio. Si guardi la fila dei templi da uno dei capi, d’infilata, o dalla piana sotto il salto di tufo, essi buttano al tramonto barbagli gialli, che la terra riflette, rimandandoli a sua volta sulle colonne e perciò colorandole con più forza. Qui si incontra una Grecia coloristica e mescolata alla natura, di cui segue gli eventi. I templi sono splendidi nell’aridità dell’estate; e lo sono in modo diverso alla fine dei temporali nelle stagioni di passaggio, illuminati da tramonti nuvolosi, drammatici, quando, tra le colonne gialle, le pozze dell’acqua riflettono il rosso sanguigno del cielo.” (º).
Il tempio meglio conservato, non solo di Agrigento, ma in assoluto il miglior tempio greco conservato, è quello della Concordia. Così ben conservato perchè trasformato in chiesa cristiana fino alla metà del settecento. Da tempi immemorabili le coppie di sposi si recano, dopo il matrimonio, a deporvi i fiori d’arancio e una manciata di confetti come augurio di concordia per la loro unione.
Come dire che nella Valle dei templi s’intrecciano vecchie e nuove tradizioni, tutte nel segno della continuità storica e, soprattutto, della contiguità con una natura benigna. Una natura cantata e magnificata attraverso i secoli. Da Pindaro che definiva Agrigento ” il più bel rifugio per i mortali” a Roger Peyrefitte:”I mandorli danno un carattere festoso e casto alle valli e ai monti, con i loro fiori immacolati.
E’ beato colui che avrà contemplato questo spettacolo della natura: nei giorni tristi della vita, queste immagini serviranno a scaldargli il cuore”. Perchè nella Valle dei Templi già a gennaio il mandorlo comincia a fiorire e, infatti, la prima domenica di febbraio – quando la valle è tutta bianca – si svolge la Sagra del mandorlo in fiore. Una festa di canti e danze, arte e folklore, pupi e cantastorie, poesia e carretti, cori e fiaccolate.
Il tutto nello scenario che fece dire a Goethe, all’ombra di un carrubo che sorge solitario tra i resti del tempio di Giove (^): “Non potremo mai gioire di più, nella nostra vita, dopo aver visto un quadro così stupendo, in questa splendida valle”.
Demetra: “Demetra si alzò per tornare all’Olimpo. Mentre la dea si allontanava nel suo lungo peplo turchino, il bianco orzo che si era celato malignamente nel suolo riapparve alla luce. I solchi aridi diventavano molli di terra grassa, mentre le foglie e i fiori tornavano a offrirsi al sole, come se nulla fosse successo e la natura si stesse sciogliendo pigramente da un lungo sonno.” (§)
Peristilio: colonnato (o portico a colonne) che circonda un edificio o un cortile.
Quasimodo: poeta nato a Modica nel 1901 e morto a Napoli nel 1968. Esponente dell’ermetismo. Insignito del premio Nobel.
Opere principali: Ed è subito sera, Giorno dopo giorno, La terra impareggiabile, Dare e avere. Pentelico: il marmo estratto dalla cava del monte Pentelico.
Partenone: costruito dagli architetti Ictino e Callicrate su un basamento di tre gradini è un tempio con otto colonne sulla facciata principale e con un porticato lungo tutto il perimetro che era formato da 47 colonne doriche.
Colonne doriche: la colonna dorica posa direttamente, senza base, su un sostegno formato da tre alti gradini di marmo pentelico. Il tronco, leggermente rigonfio, è scavato da 20 scanalature poco profonde tagliate a spigolo vivo e che vanno a diminuire dal basso in alto come la colonna.
Piovene: romanziere nato a Vicenza nel 1907 e morto a Londra nel 1974. Opere principali: Lettere d’una novizia, I falsi redentori, Le stelle fredde.
Acropoli: la parte elevata e fortificata della città, suo centro spirituale.
Pindaro: poeta greco (ca. 518-438). Famosi i quattro libri (conservati) di suoi epinici, canti di vittoria per le gare olimpiche, pitiche, nemee e istmiche.
Peyrefitte: scrittore francese nato nel 1907. Opere principali: Le amicizie particolari, Le chiavi di San Pietro.
Goethe: scrittore tedesco nato a Francoforte nel 1749 e morto a Weimar nel 1832. Opere principali: Faust, I dolori del giovane Werther, Canto notturno del viandante, Arminio e Dorotea, Le affinità elettive.
(*) Salvatore Quasimodo Ed è subito sera Mondadori; (º) Guido Piovene Viaggio in Italia Milano, Mondadori, 1957.
(^) vedi nota in L’opulenza dell’antica Agrigento
(§) Roberto Calasso Le nozze di Cadmo e Armonia Adelphi, Milano, 1988.