La dirigenza del regno di Federico IV non fu affatto facile e vista la minore età del sovrano venne affidato sotto la custodia di Eufemia. Federico IV riportò con la sua politica interna ed esterna numerosi successi ma a causa delle guerre civili la Sicilia era in gravi condizioni socio-economiche.
Il nuovo sovrano Federico IV, detto "il Semplice", aveva quattordici anni ed era di salute cagionevole. Nel suo regno distinguiamo il periodo della tutela, fino al I363, ed il periodo del regno vero e proprio, caratterizzato da un’intensa attività diplomatica mirata a risolvere il più grave problema della Sicilia, e cioè l’endemica conflittualità dei baroni, divisi in fazioni, che miravano a porre sotto la loro soggezione il re, privilegiando gli interessi personali a danno di quelli generali del regno.
Data la minore età del sovrano, l’assemblea dei baroni e delle città scelse la formula del vicariato, affidato all’infanta Eufemia, che, però, non ebbe poteri assoluti, ma fu sottoposta al controllo della nobiltà. L’incoronazione del re fu rimandata in attesa della conquista di Palermo, che era in mano agli Angioini, ed egli assunse il titolo di "dominus‘".
La conduzione del regno non fu facile, soprattutto perchè non tardarono a manifestarsi spaccature anche tra i sostenitori di Federico, che, oltre a fronteggiare il partito filoangioino, dovette cercare di comporre i dissidi tra Artale d’Alagona da un lato e Francesco Ventimiglia ed Enrico Rosso dall’altro, mentre la vicaria Eufemia si schierava dalla parte di questi ultimi. L’accordo tra i due gruppi fu ricostituito, ma contemporaneamente Messina passò dalla parte dei Chiaramonte, e quindi degli Angioini, perchè la borghesia cittadina si riteneva danneggiata da una politica che favoriva solo la classe baronale. La città favorì la venuta della regina Giovanna di Napoli con il marito Luigi.
La presenza degli Angioini in Sicilia risollevò le sorti di Federico IV, perchè nobili e città dinanzi alla minaccia angioina si strinsero attorno al loro sovrano, riportando contro gli Angioini la vittoria di Aci il 27 maggio I357. La regina Giovanna fu messa in fuga, i suoi sostenitori puniti con la confisca dei beni, trasferiti ai sostenitori della monarchia, mentre il perdono veniva concesso a quelli che tornavano ad essere fedeli al re.
Negli anni successivi, dopo un periodo di ripresa della lotta tra le fazioni a seguito della scomparsa della vicaria Eufemia, Federico IV conseguì un significativo successo in politica interna quando i Chiaramonte, consapevoli di non avere più l’appoggio della corte di Napoli, avanzarono al re proposte di pacificazione. Il re accolse favorevolmente la resa della fazione avversa, che poneva fine allo stato di conflittualità che tanto danneggiava la Sicilia, e concesse il perdono del tradimento.
In politica estera Federico rafforzò la sua posizione sposando nel I36I Costanza d’Aragona, figlia di Pietro IV, matrimonio che lo avvicinava alla corte aragonese di Spagna e quindi alla fazione catalana. A questo punto il re, ritenendo ormai consolidata la sua posizione, assunse il titolo di "rex Siciliae". L’equilibrio assai precario che si era raggiunto venne meno e immediata fu la reazione della fazione latina di Francesco Ventimiglia e Federico Chiaramonte, che ripresero le ostilità contro la fazione catalana. Infine a Castrogiovanni nel I362 le due fazioni firmarono un accordo definito dalla storico R. Gregorio una "convenzione di masnadieri, i quali, spogliato un viandante, dividonsi quindi il bottino" Il re stesso con amarezza lamentava questo accordo, che lo poneva alla mercè dei baroni e che era vergognoso per la monarchia.
Nonostante tutto il re accettò la pace di Castrogiovanni nella speranza di una pacificazione generale del regno, ma non rinunziò ad adoperarsi in ogni modo per via diplomatica allo scopo di tutelare l’indipendenza del regno e di ricostituire l’integritàterritoriale. Egli condusse trattative con il re Pietro IV d’Aragona, lasciandosi vedere disposto ad un’ eventuale cessione del regno di Sicilia, pur di avere aiuto contro l’opposizione baronale, e contemporaneamente concluse con la regina Giovanna di Napoli le trattative che condussero nel I372 alla firma definitiva del trattato di pace del I347 in cui la regina riconosceva a Federico IV ed ai suoi successori il possesso dell’isola in cambio del simbolico omaggio di un censo annuo di tremila onze. Veniva riconosciuto il diritto alla successione della figlia di Federico, Maria, in deroga alla legge salica vigente in Sicilia, e l’accordo con Napoli fu confermato dal matrimonio di Federico IV con Antonia, della nobile famiglia napoletana Del Balzo.
Federico IV, pur non disponendo di adeguati mezzi finanziari, non rinunziò a condurre una politica indipendente dalle interferenze delle fazioni ed a tal fine trasferì la sede del governo a Messina. A corto di risorse finanziarie, non esitò ad impegnare i gioielli della corona per potenziare la sua flotta. Intrecciò, inoltre, relazioni diplomatiche, oltre che con l’Aragona e con il regno di Napoli, con i Visconti di Milano.
Nonostante lo stato di relativa tranquillità che Federico IV aveva instaurato, la Sicilia versava in gravi condizioni socio-economiche, conseguenza di anni di guerre civili e del predominio feudale che sovrastava il potere del sovrano.
Quando nel I375 la regina Antonia morì, si allentarono i rapporti con Napoli e Federico IV si avvicinò ai Visconti, che erano i maggiori esponenti del ghibellinismo italiano, e concordò il suo matrimonio con la quartogenita del Visconti, Maria. Ma Federico morì il 27 luglio I377 a soli trentasei anni, prima che la nuova regina raggiungesse il regno di Sicilia.
L’opera di questo sovrano si caratterizza per i suoi reiterati tentativi di restaurazione della monarchia in Sicilia, nei confronti di una classe feudale che aveva ormai preso il sopravvento e aveva scardinato l’istituzione stessa della monarchia. Ma se egli non riuscì a restaurare all’interno l’autorità della monarchia, conseguì significativi successi in politica estera e rivestì nella storia della Sicilia un ruolo apprezzabile, perchè difese l’autonomia della Sicilia sia dalle pretese di Napoli, che da quelle dell’Aragona, mentre mantenne proficui rapporti commerciali con le repubbliche marinare di Genova e Venezia.