Alla morte di Martino I, non avendo eredi legittimi, nominò erede universale suo padre Martino il Vecchio della corona di Aragona e della Sicilia.

Martino I morì senza lasciare eredi legittimi e nel suo testamento nominò erede universale dei suoi beni personali e del regno di Sicilia il padre Martino il Vecchio, detto l’Umano, che era già re d’Aragona, confermando, così, il principio dell’unione delle due corone, già affermato nella designazione di erede al trono di Aragona, che Martino il Vecchio aveva fatto precedentemente nei confronti del figlio. Il passaggio della corona avvenne in Sicilia senza opposizioni.

Il nuovo sovrano, che era cinquantenne, confermò alla nuora Bianca di Navarra il vicariato di Sicilia e si apprestò ad affrontare il problema della successione al trono d’Aragona e di Sicilia. Martino I aveva lasciato due figli illegittimi: Federico, conte di Luna, nato dalla relazione con Tarsia Rizzari, e Violante, nata dalla relazione con Agatuccia Pesci. Martino II fece legittimare dal papa Benedetto XIII Federico di Luna, ma temporeggiò a nominarlo suo successore, perchè temeva l’opposizione dell’Aragona, mentre la Sicilia cercava di indurlo a questa designazione, facendo chiaramente intendere di essere determinata ad affermare il diritto ad avere una sua dinastia nazionale.

Gli Aragonesi, invece, premevano perchè il re si risposasse e indicavano come sua possibile sposa Margherita di Prades. Si profilavano, intanto, all’orizzonte internazionale pretese sulla corona siculo-aragonese da parte degli Angioini di Napoli e in Spagna da parte del conte di Urgel, del duca di Gandia e dell’infante Ferdinando di Castiglia.

Martino II non seppe o non volle prendere una decisione, dal momento che, qualunque fosse stata, avrebbe scatenato reazioni destabilizzanti per la corona. Martino conosceva bene la situazione della Sicilia, dove i nobili catalani, giunti al seguito degli Aragonesi, erano diventati assai potenti, capeggiati dal conte di Modica Bernardo Cabrera. Questi, contravvenendo alla ingiunzione di Martino di restare dentro i suoi feudi e di non tramare contro la regina vicaria Bianca, si era recato a Palermo ed aveva favorito la liberazione di Antonio Ventimiglia, che era stato catturato a Malta e portato prigioniero nella capitale siciliana. Questo gesto lo aveva immediatamente posto come leader dei baroni siciliani contro la regina Bianca, che era sostenuta dall’ammiraglio Sancio Ruiz de Lihori.
Martino II manifestò l’intenzione di effettuare personalmente una spedizione in Sicilia per restaurarvi l’ordine, ma la morte lo colse improvvisamente nel 1410, prima di poter risolvere il problema dinastico, e la Sicilia precipitò nella guerra civile.