La documentazione in possesso degli storici sulla situazione economica della Sicilia nella seconda metà del ‘500 è insufficiente e lacunosa; gli unici elementi certi sono la cronica insolvenza della tesoreria viceregia e l’estrema povertà della popolazione.

Le entrate viceregie erano di tre tipi: “donativi” ordinari e straordinari (elargizioni votate dal parlamento); rendite del patrimonio regio (gabelle, tonnare, dogane, ecc…); regalie (decima, vendita di uffici, tratte frumentarie, etc..). Complessivamente le entrate fino al 1590 si aggiravano intorno a 800.000 – 1.000.000 di scudi siciliani, che erano quasi interamente assorbiti dalle spese militari. E’ evidente che il sistema fiscale siciliano non era in grado di assicurare al governo risorse tali da finanziare spedizioni militari o l’armamento di una flotta, ma a mala pena poteva sostenere le spese per il presidio difensivo.

La grande politica europea ed atlantica perseguita dalla Spagna non poteva in alcun modo trovare supporto finanziario in Sicilia, ma doveva essere interamente finanziata dalla Spagna. La politica estera siciliana fu, comunque, condizionata dal pericolo turco fin quasi alla metà del ‘600, specie quando, alla morte del sultano Solimano (1566), i gruppi dirigenti turchi decisero di riprendere la politica di espansione nel Mediterraneo. Nel dicembre del 1569 il governatore turco di Algeri conquistò Tunisi e nel 1570 i Turchi conquistarono Cipro, trucidando il comandante veneziano Marcantonio Bragadin.

La Spagna affidò al vicerè di Sicilia, che nel 1568 era l’Avalos, il compito di riconquistare Tunisi e contemporaneamente aderì alla crociata bandita dal papa contro i Turchi per riconquistare Cipro. Era una politica velleitaria, che sosteneva disparati e dispendiosi progetti, pur non disponendo di adeguate risorse finanziarie. La flotta nel 1570 fu impegnata, innanzitutto, nella partecipazione alla conquista di Cipro e l’impresa di Tunisi fu rinviata al 1571, anno in cui l’Avalos morì e fu sostituito da don Giovanni d’Austria (fratello di Filippo II), che decise di non effettuare la spedizione a Tunisi e di utilizzare le derrate alimentari preparate a tale scopo per la campagna contro i Turchi ed i loro alleati barbareschi promossa dal papa, per iniziativa del quale si era costituita una Santa Lega di stati cristiani.

La flotta della lega, comandata da don Giovanni d’Austria, vicerè di Sicilia, salpò da Messina ed il 7 ottobre 1571 sconfisse a Lepanto la flotta turca. Prima e dopo Lepanto la Sicilia orientale aveva dovuto ospitare truppe della Santa Lega (sempre in vista di una spedizione contro Tunisi), che si resero colpevoli di ruberie e vessazioni a danno della popolazione.

Le difficoltà finanziarie e la carenza di basi logistiche sulla costa africana erano, però, motivi sufficienti a scoraggiare l’effettuazione dell’impresa tunisina. Per volere del papa e di Venezia le truppe, guidate ancora una volta da don Giovanni d’Austria, furono utilizzate nell’agosto del 1572 per una spedizione nel Peloponneso, che si rivelò un insuccesso.

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Nell’ottobre don Giovanni ritornò a Messina ed il governo di Madrid, quando Venezia si accordò con i Turchi e si ritirò dalla Lega, ritornò a progettare una spedizione in Africa, per la quale i pareri erano divisi tra chi avrebbe preferito attaccare Algeri e chi, invece, propendeva per attaccare Tunisi. Prevalsero i secondi, soprattutto per la minore distanza di Tunisi dalla Sicilia rispetto ad Algeri. Tunisi e Biserta furono occupate in meno di un mese (9 ottobre – 25 ottobre 1573) e don Giovanni fece ritorno a Palermo; ma immediata fu la risposta del sultano Selim II, che non rinunciava a tenere il controllo dell’Africa del Nord, e nell’estate del 1574 i turchi attaccarono tunisi e cacciarono Spagnoli, distruggendo le loro fortificazioni.