Il commercio dello zolfo avveniva attraverso ditte esportatrici, che avevano la loro sede nei porti d’imbarco. Le più importanti avevano sede a Catania e Messina, città che, con l’avvento delle ferrovie, avevano soppiantato il primato di Licata e Porto Empedocle.

Mezzi di trasporto nella miniera Trabonella di Caltanissetta

L’evoluzione del trasporto dello zolfo nella miniera Trabonella di Caltanissetta – Foto di Vincenzo Santoro

Prima dell’Unità d’Italia il trasporto dello zolfo dalle miniere ai porti d’imbarco si compiva a dorso di mulo per distanze che in qualche caso raggiungevano i 70-80 chilometri. Dopo l’avvento delle ferrovie lo zolfo veniva trasportato con carri a trazione animale fino alla strada ferrata e di lì ai porti.

Solo Catania e Messina disponevano di veri e propri porti, mentre a Porto Empedocle e Licata, dove si accentrò il commercio degli zolfi prima dell’Unità, c’erano soltanto spiagge prive di pontili e lo zolfo veniva portato a spalla fino alle barche, che lo portavano ai velieri. Il trasporto e l’imbarco dello zolfo, essendo fatti in modo così rudimentale, incidevano molto sui costi di produzione e determinavano un certo sfrido del minerale.

Prima dell’istituzione del Consorzio obbligatorio, avvenuta nel 1906, la vendita da parte dei produttori alle ditte esportatrici non avveniva direttamente, ma attraverso intermediari, che rappresentavano i parassiti dell’industria zolfifera. Lo zolfo, che veniva trasportato dalla miniera al posto di imbarco, era ivi affidato ai "magazzinieri", che lo custodivano nei loro magazzini in attesa della vendita, poichè le piccole e medie miniere non avevano depositi propri.

I "magazzinieri" ricevevano gli zolfi, anticipavano le spese di trasporto ("abbasso"), li pesavano computando il calo che superasse la misura di tolleranza (in media il 2%), li classificavano per qualità, li immettevano in deposito in cumuli distinti per qualità, senza distinzione di provenienza, li vendevano direttamente o tramite mediatori ("sensali") agli esportatori, eseguivano la caricazione sui velieri o sui vapori e liquidavano l’importo della vendita ai produttori, dopo avere dedotto le spese di "abbasso", il calo sulla quantita’ (sfrido), il compenso per custodia (magazzinaggio), le spese di caricazione a bordo e la eventuale senseria (provvigione del mediatore).

I sensali, quasi sempre sprovvisti di patente, facevano da intermediari tra i magazzinieri e le ditte esportatrici. La funzione dei magazzinieri non si limitava alla custodia ed alla vendita degli zolfi, ma essi fornivano anticipazioni ai produttori in modo chiaramente usuraio.

Poichè la fusione dello zolfo col metodo del calcarone si faceva due volte l’anno (agosto e dicembre), e cioè dopo il raccolto, per evitare che i vapori di zolfo rovinassero le colture, i produttori, che estraevano minerale tutto l’anno, venivano a trovarsi a corto di capitali, che erano immobilizzati nel minerale estratto in attesa del periodo della fusione.

I produttori ricorrevano, allora, al credito di privati finanziatori, detti "sborsanti", poichè nessuna banca praticava un credito così rischioso come è quello minerario. Gli sborsanti erano, in genere, i magazzinieri stessi, ma potevano anche essere speculatori locali e talvolta anche esportatori e raffinatori, e praticavano il credito non solo sul minerale estratto, ma, a volte, anche su quello da estrarre.

Il produttore era, poi, obbligato a depositare gli zolfi presso il magazziniere che gli forniva le anticipazioni o, se altri era il suo sborsante, presso il magazziniere da questi indicato. Lo sborsante, che aveva fatto le anticipazioni ed aveva ricevuto, direttamente o indirettamente, in consegna lo zolfo, si riservava di liquidare l’intero importo nel periodo da lui scelto, che coincideva, naturalmente, con quello del prezzo più basso.

Il tasso diretto al quale erano fornite le anticipazioni era del 6-8/%, ma quello indiretto, con il calo dello zolfo dalle miniere fino a bordo delle navi, col compenso di magazzinaggio, la senseria e la scelta del periodo di liquidazione, era di circa il 30%, quindi una vera e propria usura.

Sborsanti, sensali, esportatori operavano, inoltre, una forma di speculazione per deprimere il prezzo dello zolfo. Questo gioco al ribasso era favorito dal sistema della "tratta", con cui il minerale veniva generalmente negoziato. Accanto alle tratte effettive circolava una massa di tratte false, che simulavano l’esistenza di uno stock superiore alla realta’ e deprimevano permanentemente il prezzo dello zolfo. Gli esportatori riuscivano, così, ad operare prezzi concorrenziali in campo internazionale.

Il sussistere di questa insana organizzazione commerciale, che danneggiava i produttori a vantaggio di categorie di parassiti, era legato alla mancanza di istituti di credito minerario e di magazzini per il deposito delle merci. Una Banca mineraria sorse nel 1906 con l’istituzione del Consorzio obbligatorio, mentre la questione dei magazzini non fu mai definitivamente risolta, ma solo controllata dal Consorzio.