Tutti i poteri erano concentrati nelle mani del re, che li esercitava tramite i suoi funzionari.

Il potere amministrativo della dinastia Sveva in Sicilia

La suddivisione del potere amministrativo degli Svevi durante la dominazione in Sicilia

La Sicilia fu divisa amministrativamente in due parti, prendendo come linea di demarcazione il fiume Salso, e la parte orientale fu unita alla Calabria.

Il potere centrale era rappresentato dalla Magna Curia regis, composta dai più stretti collaboratori del re, con funzioni consultive ed esecutive; il supremo organo amministrativo era la Magna Curia magistri Justitiarii, composta da quattro giudici stretti collaboratori del gran giustiziere che la presiedeva.

Vi erano, poi, una serie di funzionari periferici, quali i giustizieri provinciali, i camerari, i baiuli, i "judices". L’attribuzione delle cariche prevedeva la separazione tra poteri amministrativi e poteri giudiziari, ma i due poteri finivano con il concentrarsi nelle mani della stessa persona.

Particolarmente efficiente era la polizia politica, attraverso cui il sovrano era a conoscenza di tutto ciò che avveniva nel regno.

La figura più eminente era quella del gran giustiziere, che aveva prevalenti competenze in campo giurisdizionale, con ampia discrezionalità. La sua durata in carica non era regolata da norme precise e poteva anche essere a vita. In qualche caso il gran giustiziere faceva parte del consiglio di reggenza, destinato a sostituire il re in caso di sua assenza.

Al vertice dell’amministrazione finanziaria troviamo il secretus Messanae per la Sicilia orientale e la Calabria e il secretus Panormi per la Sicilia occidentale, cariche unificate dopo il 1240 in quella del secretus Siciliae, nelle cui competenze rientravano le dogane, il controllo sui tributi indiretti, la gestione del patrimonio immobiliare demaniale, l’approvvigionamento dei castelli e delle navi regali, il pagamento dei salari agli ufficiali civili e militari, l’amministrazione della giustizia in campo esclusivamente amministrativo, nel caso di controversie tra fisco e privati. La carica di secretus Siciliae nel 1246 assunse il nome di maestro camerario.

Sotto Federico II assunse carattere di quasi regolarità l’assemblea dei feudatari laici ed ecclesiastici, che il re convocava, secondo il costume feudale, perchè ascoltasse e ratificasse le sue proposte e le sue decisioni. Ma questa sorta di parlamento non era già un organo di controllo del re, ma piuttosto uno strumento per costringere i feudatari a manifestare esplicito consenso alle sue disposizioni.