Il quadro socio-politico degli anni successivi al primo ventennio del ‘500 vedeva la rinuncia delle città demaniali e dei loro gruppi dirigenti ad esercitare un ruolo politico anche a livello parlamentare; venivano, così, meno anche le prospettive sociali e politiche che questi gruppi avevano espresso, e cioè la rottura dei confini tra demanio e feudo per una proficua integrazione.

Una spinta verso un nuovo equilibrio unitario politico e culturale venne alla che spinse il sovrano ad effettuare una spedizione contro Tunisi, chiamando a sostenere l’onere dell’impresa in primo luogo la ed altri stati del suo impero (Aragona, Valenza, Catalogna). Il motivo scatenante fu la sconfitta subita nelle isole Baleari, a Formentera, dagli Spagnoli nel 1529 ad opera di Khair ad-din Barbarossa; a ciò si aggiungano le voci che correvano sulla minaccia di una spedizione navale turca contro le coste spagnole guidata dal re di Francia Francesco I.

Carlo V decise di effettuare una spedizione contro Tunisi, ed a tale scopo il vicerè Monteleone chiese al Parlamento siciliano, convocato nel maggio del 1531, oltre al solito donativo di 300.000 fiorini, un contributo straordinario per fortificare Siracusa, Trapani e Milazzo. L’anno seguente, mentre anche Napoli si preparava all’impresa, il Parlamento siciliano si impegnò a mantenere per due mesi 10.000 soldati (4.000 i baroni, 4.000 il demanio, 2.000 il clero), a condizione che il vicerè scegliesse i capitani e gli ufficiali tra gli abitanti delle terre che davano questo contributo.
La spinta decisiva ad iniziare l’impresa fu data dalla notizia dei contatti intercorsi tra ed il sultano turco e dalla nomina del Barbarossa ad ammiraglio della flotta turca. La spedizione contro Tunisi partì da Cagliari nel giugno del 1535 ed in poche settimane la città fu conquistata. Carlo V si trattenne in Africa fino ad agosto e successivamente sbarcò a Trapani e si trattenne in Sicilia fino a novembre, ed a Palermo, nel palazzo Ajutamicristo, convocò il parlamento per chiedere donativi straordinari. Durante i mesi del suo soggiorno in Sicilia ebbe modo di sollecitare il consenso dei Siciliani ai motivi della propaganda imperiale, che si compendiava in due distinti indirizzi: il doveroso tributo che i paesi dell’immenso impero di Carlo V dovevano rendergli ed il tema della fedeltà all’imperatore da parte dei feudatari. Il primo era diretto al popolo, il secondo ai nobili, ma si trattava di temi assolutamente estranei alla cultura ed alla civiltà della Sicilia, che non conserverà traccia di essi nella sua memoria. Si ricorderà, invece, dei donativi straordinari, che in quell’occasione chiese il sovrano, sempre in riferimento alla politica africana.