Nella Sicilia centro-meridionale, tra il II ed il IV secolo d.C, ricadevano diversi insediamenti. Zona prescelta dai Romani, per la fertilità delle pianure solcate da corsi d’acqua e per le alture poste a controllo delle vie di comunicazione, è stata occupata da fattorie e da agglomerati rurali con le relative necropoli.

Riproduzione olio su tela di un tempietto fittile ritrovato a Sabucina

Il Sacello di Sabucina custodito nel Museo di Caltanissetta. Riproduzione olio su tela di Rocco Paci, pittore nisseno.

Gli insediamenti erano dislocati lungo le antiche vie interne e costiere riportate nell’Itinerarium Antonini e nella Tabula Peutingeriana, dove, più in dettaglio, vengono anche indicati i praedia, le mansiones e le stationes, i cui toponimi racchiudono il nome del più antico proprietario: sono Philisophiana, Calvisiana, Galbana, Petiliana, Corconiana, Pitiniana ed Egnatiana, individuate sulla base della documentazione epigrafica costituita dai tegoli con bolli ritrovati nelle aree dei complessi abitativi.

La più ricca documentazione epigrafica proviene dall’area gelese, che, popolata sopratutto in seguito alla distruzione di Gela ad opera di Phintias (282 a.C.), mantenne invariate per secoli le caratteristiche di territorio agrario.

I resti delle due fattorie di contrada Piano Camera, a Nord- Est di Gela, realizzate tra il II e III secolo e tra il IV e V secolo, offrono testimonianze importanti sull’organizzazione di simili insediamenti a vocazione rurale, in cui erano praticate anche attività secondarie, come documenta la figlina per la realizzazione dei tegoli. I bolli con l’indicazione del nome GALBA suggeriscono di assegnare la proprietà della prima fattoria appunto ad un certo Galba, che, secondo alcune fonti, potrebbe, addirittura essere l’imperatore.

Più all’interno, nell’hinterland di Butera, sorgevano altri piccoli agglomerati rurali: Diliella, Dessueri, S.Giacomo, Priorato, Fontana Calda, Suor Marchesa. Questi sono solo alcuni dei siti dove sono stati individuati i resti di ipogei o fattorie con le relative necropoli ricadenti nei territori senatorii. Occupati tra il III ed il V secolo furono abbandonati in seguito alle invasioni barbariche che costrinsero la popolazione a trasferirsi sulla rocca di Butera, come provano le tombe ad arcosolio, riutilizzate sotto il castello, ed i materiali ceramici databili al VI e VII secolo.

A oriente di Gela, nel territorio di Mazzarino, sorgeva Sofiana. Identificata come la Statio Philosophiana e ricordata nella redazione costantiniana dell’ Itinerarium Antonini, l’insediamento, ha dimostrato una continuità di vita dalla prima età imperiale fino alla seconda metà del III secolo quando subì una distruzione violenta. E’ probabile che la villa del Casale di Piazza Armerina, quella celebre per i mosaici, nella fase più antica, costituisse uno dei poli produttivi dello stesso latifondo gravitanti intorno all’insediamento di contrada Sofiana. Nel VI secolo si affermò il ruolo centrale della villa nella gestione del latifondo e l’insediamento di Sofiana assunse la duplice funzione di stazione di sosta con la presenza di un edificio termale e di centro di mercato con attività produttive varie.

Il toponimo Philosophiana richiama la pars dominica del latifondo, esteso per millecinquecento ettari, all’interno del quale gravitava anche la villa.

Anche nella regione più interna della Sicilia è stata registrata la presenza di complessi abitativi dell’età romana. Lannari, presso l’antico centro di Sabucina, dove si trova una necropoli con tombe a fossa, ed il vicino insediamento di Piano della Clesia, noto per il rinvenimento del busto marmoreo dell’imperatore di Geta (189-212 d.C.), provano la presenza di una villa rustica, di II e III sec.d.C., appartenente ad un certo Filippianus, il cui nome è indicato su un bollo di un tegolo.

Un altro insediamento si trovava nell’attuale via Sallemi, nel centro urbano di Caltanissetta. Questa necropoli, insieme a quella di Minmiami situata a Nord del capoluogo nisseno, appartengono ad un periodo più tardo, tra il V ed il VI secolo, come dimostra la presenza di oggetti raffinati di periodo bizantino.

Per potere ammirare gli oggetti risalenti al periodo romano e rinvenuti presso i su esposti insediamenti, è stata allestita una mostra nel Museo Archeologico di Caltanissetta. L’esposizione, nominata "La Sicilia Centromeridionale tra il II ed il VI secolo d.C" è stata patrocinata dall’ Assessorato ai Beni Culturali della Regione Sicilia ed è stata realizzata dalla dott.ssa Rosalba Panvini, responsabile della Sezione Archeologica della Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, insieme a Rosa Maria Bonacasa Carra, ordinario di Archeologia Cristiana presso l’Università di Palermo, con il contributo scientifico di numerosi altri docenti, giovani archeologi ed antropologi.

La mostra aveva l’intento di far ammirare al pubblico i preziosi oggetti della civiltà bizantina rinvenuti nelle su menzionate aree della Sicilia meridionale, come il busto di Geta (204 d.C.), da Piano della Clesia, la brocchetta ed il balsamario di vetro (II d.C.) da Lannari, la lucerna africana con figura di arciere (V d.C.) da Piano Camera, gli orecchini d’oro, rinvenuti a Sofiana, provenienti da un’officina di Costantinopoli attiva tra il VI ed il VII secolo d.C.