Lo scontro tra le province occidentali e orientali per il controllo del commercio zolfifero, lo sviluppo dell’industria raffinativa; l’esigenza di rendere più agevole il trasporto del combustibile, le nuove costruzioni ferroviarie

Immagine di un minatore che trasporta un carrello carico di zolfo

Il trasporto dello zolfo in pani tramite i carrelli

L’incremento delle esportazioni dello zolfo divenne rilevante a partire dal 1815, stimolato in primo luogo dall’intensa attività delle fabbriche inglesi di acido solforico.

Nel 1833 il prezzo medio dello zolfo raggiungeva il massimo storico di 208 lire, e il minerale cominciava a rappresentare il prodotto isolano maggiormente esportato insieme al vino, al solmacco e alla frutta fresca.

Il commercio zolfifero si svolgeva sotto il controllo di un gruppo di mercanti stranieri, che gestivano molte miniere o si erano specializzati nelle attività di magazzinieri o di spedizionieri. In questo periodo era molto forte la dipendenza dell’industria estrattiva siciliana dalla domanda estera. Questa stretta subordinazione alle richieste dei paesi industrializzati europei provocò le prime crisi di sovrapproduzione, che si manifestarono già a partire dal 1834, anno in cui i prezzi cominciarono ad abbassarsi costantemente fino a toccare le 35 lire nel 1837. Il governo borbonico cercò una soluzione nella proposta che, qualche anno prima, il francese Amato Taix aveva avanzato per ottenere la concessione del monopolio sulle vendite dello zolfo.

Nel 1838 il progetto ottenne la sospirata approvazione regia e, insieme ad Arsenio Aycard, Taix costituì la "Compagnie des soufres de Sicilie", alla quale venne affidato anche il controllo sulle quantità prodotte. Ma questo tentativo di Ferdinando II si scontrò con la reazione inglese e, sotto minaccia di uno scontro armato, il re annullò la convenzione nel 1840.

A queste iniziali fasi di difficoltà produttiva si aggiunsero qualche anno dopo le preoccupazioni per il successo di alcuni esperimenti che impiegavano le piriti di rame e di ferro per ottenere l’acido solforico. Si intravedeva così la possibilità di un brusco calo della domanda inglese e francese, che venne in parte arginata grazie alla diffusione dell’oidium, parassita dei vigneti, e alla scoperta del metodo di solforazione delle viti quale rimedio curativo e preventivo. Alla vigilia dell’Unità, l’esportazione riprese così ad aumentare registrando però un cambio di direzione verso i paesi importatori, che si rivelarono soprattutto gli Stati Uniti, la Germania, l’Olanda, l’Austria, l’Ungheria, mentre diminuiva la domanda anglo-francese.

Immagine di carretti che trasportano zolfo

Pesatura e caricamento dello zolfo sui carretti nella Zolfara Iuncio Testasecca di Caltanissetta

La dipendenza dell’industria isolana dal mercato estero si può seguire attraverso l’analisi dello sviluppo ferroviario anche se, al riguardo, esistono diverse interpretazioni storiografiche. Jane e Peter Schneider, nel loro libro "Cultura e politica economica nella Sicilia occidentale", elaborano il concetto di "broker capitalism", con il quale indicano la classe di imprenditori esistente nell’isola; costoro gestiscono soltanto gli aspetti marginali dell’economia, poiché le elites locali non riescono a controllare direttamente la commercializzazione e la esportazione delle materie prime.

In Sicilia dunque i mutamenti economici sarebbero stati indotti da centri esterni dominanti. L’idea degli Schneider è che il "broker capitalism" risultò rafforzato dopo la costruzione della rete stradale e ferroviaria realizzata durante la seconda metà dell’Ottocento.

La struttura formata a fine secolo congiungeva linearmente le maggiori città e paesi direttamente con la costa, mentre i più deboli e inefficaci apparivano i collegamenti tra un centro urbano e l’altro: si manifestava così l’assenza di scambi economici, politici e sociali tra i vari nuclei urbani, che restavano così estranei alle vicende della grande economia. Maurice Aymard ha riaffermato gli stessi concetti; secondo lo storico, le ferrovie sarebbero state costruite dopo accese lotte municipalistiche tra le città costiere, il cui unico interesse era quello di esercitare il monopolio sul commercio zolfifero e non quello di realizzare un efficiente sistema di collegamenti.

Altro aspetto non meno rilevante è quello delle resistenze frapposte dalla società locale ai processi di mutamento economico. In questo senso non è superfluo riconsiderare tali fenomeni alla luce di esperienze simili maturate in altri paesi; le opposizioni alla modernizzazione dei trasporti di mulattieri e carrettieri siciliani possono essere paragonate alle lotte sostenute dagli operai inglesi nel 1826 contro l’impiego dei telai meccanici e le distruzioni delle trebbiatrici del 1830.

Il caso siciliano si presenta così molto complesso, laddove alle richieste di miglioramento dei trasporti si frapponevano resistenze di mulattieri senza più lavoro, proprietari espropriati, comuni in lotta per la individuazione delle linee ferroviarie. La progressiva diffusione delle vie carrozzabili già nella prima metà dell’Ottocento, aveva migliorato parzialmente le comunicazioni, in precedenza ostacolate dalla presenza delle antiche trazzere che si potevano attraversare a piedi o a cavallo e soltanto nelle stagioni più miti. Data l’inadeguatezza delle vie di comunicazione, i produttori sfruttavano soprattutto le miniere vicine alle coste.

Immagine di carretti in fila che trasportano zolfo

Trasporto dello zolfo con i carretti dalle miniere ai principali porti siciliani

Nelle zone prive di strada, il trasporto del minerale fino ai luoghi d’imbarco si attuava sulle schiene di muli e di asini, ma nelle stagioni in cui i lavori dei campi richiedevano il loro impiego sorgevano enormi difficoltà: ciò spinse alcuni amministratori di zolfare a tentare l’organizzazione del trasporto per proprio conto sostituendo, ad esempio, i cammelli agli asini. Ma il mezzo più diffuso rimase il mulo: sopra ogni animale venivano caricate due "balate", cioè due pani a forma di piramide, legate con delle corde. In tal modo, una lunga fila di muli si muoveva dalla miniera fino al porto più vicino, percorrendo distanze che alcune volte toccavano gli ottanta chilometri.

Con la costruzione delle strade comunali e provinciali il trasporto divenne misto e si effettuava a schiena di mulo dalle miniere fino alle rotabili più vicine e poi con i carri a trazione animale fino al più vicino porto d’imbarco; il carretto costituiva il mezzo più conveniente, capace di contenere da 500 a 600 chilogrammi di merce e con l’utilizzo di un solo animale. Anche il carico dello zolfo sulle navi era un momento laborioso e lento, poiché esso si compiva a spalla d’uomo sulle barche d’aleggio che trasportavano poi il minerale fino ai velieri.

Ma la rete stradale siciliana era ancora, nella seconda metà dell’Ottocento, inadeguata alle esigenze economiche, nonostante l’incremento subito in fase postunitaria. La mancanza di una buona manutenzione rendeva la viabilità ancora precaria in inverno.

Le due provincie più importanti in questo periodo per il commercio dello zolfo erano quelle di Girgenti e Caltanissetta. il primo gruppo di zolfare poteva contare su un discreto numero di strade carrabili fino a Porto Empedocle, dove lo zolfo veniva imbarcato. Le miniere nissene erano così penalizzate dalla loro distanza dalle coste, e solo l’apertura di alcune importanti strade provinciali, come la Delia-Terranova, la Serradifalco-Montedoro, la Riesi-Sommatino, la Delia-Canicattì, e la Barrafranca-Mazzarino-Mussomeli migliorarono in parte questa deficienza di infrastrutture viarie.

Il prezzo di trasporto dello zolfo grezzo variava secondo le stagioni, mantenendosi, nel 1861, intorno ad una lira per tonnellata-chilometro a schiena di mulo e mezza lira per il trasporto sui carri. In questa situazione possedere un mulo, un asino o più raramente un cavallo costituiva sicuramente un privilegio invidiato e conteso, una sicura fonte di reddito vista la loro versatilità a svolgere diversi tipi di lavoro, compresi quelli agricoli. "Muli nelle stalle e terre al sole" è un detto che esprime chiaramente lo stato di benessere economico al quale aspiravano i contadini. Questi, assieme ai carrettieri, si rendevano conto del tesoro che possedevano ed erano indotti ad opporre resistenza contro ogni intrusione esterna e contro ogni tipo di concorrenza, anche con la limitazione della riproduzione e della vendita di codesti animali.

Immagine dello zolfo in pani che viene caricato nei carretti

Lo zolfo nelle miniere veniva trasportato tramite i muli