Le condizioni economiche sociali del paese non differirebbero da quelle di quasi tutti gli altri dello interno dell’isola.

Il passato di Resuttano

Immagine dell’antica Via Roma

Se due grandi ingiustizie o errori della nuova Italia non avessero concorso a peggiorarlo ricacciandolo verso l’oscuro medio evo invece che spingerlo verso le moderne vie della civiltà. E queste ingiustizie furono la mancata costruzione della ferrovia delle due Imere e della strada Resuttano-Alimena e la perdita dell’acqua Catuso, dovute l’una e l’altra alla sinistra influenza di certi baroni.

Del resto non c’è che a ripetere sulle condizioni economico-sociali del paese quello che ebbi a dire nella mia monografia pubblicata agli atti della inchiesta parlamentare del 19-10-1911 Volume VI pagina 693 relatore il Professore Lorensoni:

«Intorno all’abitato si estendono le terre dell’ex feudo in cui il Comune sorse, e che oggi son tutte censite, cioè date in enfiteusi con canone in denaro. Il territorio è complessivamente esteso ettari 3825, nove decimi seminario e per il resto beficato.

Attorno poi al territorio si estendono immensi latifondi, gli ex feudi baronali in cui i contadini son usi andare a lavorare. I nove decimi delle terre censite e tutti i latifondi sono a coltura estensiva e più specialmente a cerealicoltura.

Un tempo era estesa la vigna, che poi fu distrutta dalla filossera e che oggi va molto lentamente ricostituendosi su ceppo americano. Da qualche tempo a questa parte si va estendendo la coltura del mandarlo.

Poco coltivato l’ulivo, pochissimo tutte le altre piante. Resuttano così esporta solamente frumento, fave e mandorle, mentre importa tutti quanti gli altri generi di consumo e le materie prime.

Possiamo sicuramente affermare che il valore delle importazioni supera di gran lunga quello delle esportazioni, e da questo squilibrio nasce il continuo immiserimento del paese con la conseguente emigrazione a torme di contadini, che con i loro risparmi mandati dalle Americhe colmano il deficit, diciamolo così, del paese.

I metodi di cultura sono ancora quelli del medio-evo. Da la costituzione economica del paese può di leggieri intuirsene quella sociale.

Il paese è composto per quattro quinti di contadini e per un quinto di artigiani e civili, intendendo per civili la classe che con tale titolo suole comunemente designarsi. I contadini si suddividono in due categorie: borgesi e giornatai.

Questi ultimi sono in numero limitatissimo, vivono lavorando alla giornata, e sono i veri paria della terra. Il loro capitale è una zappa e le braccia per lavorare.

Sono quasi tutti analfabeti, anzi, più che analfabeti, imbestialiti dalla fame e dalla miseria, in cui vivevano e tuttora vivono, sebbene sia stata loro aumentata la mercede giornaliera.

Infatti, dato il sistema di coltura estensiva e più propriamente la cerealicoltura prevalente ne nasce che in determinati e brevi periodi dell’anno vi è grande abbondanza di lavori agricoli, mentre in altri periodi vi è assoluta deficienza.

Avviene allora che nei periodi di abbondanti ed intensi lavori la mano d’opera è grandemente richiesta e rincara fino ad oltrepassare il limite di convenienza consentito dalle arretrate condizioni della industria agraria. Mentre nei periodi di deficienza i giornatai stanno in una disoccupazione forzata.

E così mentre da un canto il giornataio non lavora più di 150 giorni all’anno e la mercede dei giorni di lavoro non è sufficiente per coprire il consumo dei tempi di disoccupazione.

D’altro canto il borgese e il piccolo e medioproprietario che gli dan lavoro non arrivano spesso a raccogliere delle terre tanto prodotto che basti a rimunerarli. Il giornataio così emigra, il borgese lo segue, il medio proprietario va quasi a scomparire schiacciato dalla concorrenza del latifondo da un lato e dall’ascesa del proletario dall’altro lato.

La seconda categoria dei contadini è fermata dai borgesi. Essi hanno tutti un piccolo capitale costituito dalle scorte (attrezzi di lavoro, uno o due muli raramente una pariglia di buoi) e per lo più anche una casetta nel centro urbano (non esistono case coloniche od abitazioni in campagna) e qualche chiusa o poderetto che va da una estensione assolutamente minima alle due o tre ettare.

Il borgese vive lavorando le sue chiuse, quando ne ha, e per lo più assumendo dai medi proprietari o dai latifondisti le tenute a mezzadria e raramente in gabella.

Il borgese forma la classe più numerosa e migliore dei contadini è il nerbo della popolazione, è il protoplasma, diciamolo così, di una futura classe di lavoratori dei campi più evoluta ed intelligente; è l’elemento su cui dovrebbero rivolgersi gli sforzi del Governo e di tutti i buoni per fare rifiorire l’agricoltura e l’economia paesana e nazionale.

Attualmente i borgesi sono nella loro grande maggioranza analfabeti, ben pochi fra essi arrivano ad acquistare la coscienza della propria condizione economica e sociale, e quindi rendersi conto dei propri bisogni e dei propri doveri, ma è a sperare che mercè il divulgarsi dell’istruzione elementare, e più ancora di quella agraria.

Arrivino a conquistare il posto basilare che loro spetta nella economia e nella compagine sociale ed a cui essi con costante sforzo agognano, cioè di diventare piccoli proprietari lavoratori.

Il disagio in cui vivono i contadini si ripercuote anche sugli operai e sui civili. Gli operai si suddividono in due categorie:

  1. Artigiani ( muratori, falegnami, fabbri, pastai, calzolai) cioè coloro che producono i generi della loro arte e mestiere, acquistando le materie prime per la lavorazione.
  2. Salariati, che sono gli operai giornalieri ausiliari che i primi chiamano in aiuto.

I civili invece formano la classe dirigente che è composta da tutto quel misto che il popolo suol chiamare col nome di cappedda e cioè: professionisti, burocratici, botteghai, usurai, medi e grandi proprietari, capitalisti ecc.

Costoro che dovrebbero rappresentare la parte più evoluta, intelligente e dirigente della società, non trovando e non sapendo aprirsi un varco alla propria attività nelle vie maestre dell’agricoltura, dell’industria e del commercio, si riversano sulla cosa pubblica, e disperdono quasi tutte le proprie energie combattendo accanitamente le lotte di partito, da cui per lo più fanno dipendere o a cui connettono i loro interessi economici, personali o di famiglia più disparati e contraddittori.

Avviene così che alle condizioni preadamitiche dell’ambiente economico e alla costituzione presso che medioevale dell’ambiente sociale, fanno riscontro le forme barbare della vita politico-amministrativa.

I vari partiti perciò sono sempre stati una coalizione di interessi individuali e di famiglia più o meno leciti, più o mono espressi o sottintesi, che in un dato momento o in un dato capo trovano l’indice e la somma e che poi si verniciano con colore più o meno mostra di tenerezza per l’interesse del pubblico.

Però la grande guerra ha prodotto anche a Resuttano uno spostamento specialmente nei borgesi e negli artigiani, le cui condizioni economiche e sociali sono migliorate.

Vi sono bensì le legioni dei combattenti che son tornati senza mezzi di sorta e vivono in grandi angustie per la forzata disoccupazione aggravata dal fatto ch’è quasi chiusa oggi la valvola dell’emigrazione, ma tuttavia mercè di essi incomincia a notarsi un risveglio promettente per il paese.

Gruppo di operai a lavoro

Gruppo di operai a lavoro nelle campagne di Resuttano